Un maxi-risarcimento. Lo dovrà pagare lo Stato agli eredi di una donna morta nel lontano 1974 a causa di una trasfusione di sangue infetto. La seconda sezione del Tar Campania ha infatti obbligato il ministero della Salute a corrispondere l’importo già stabilito in separata sede. Il provvedimento è dello scorso 8 luglio. Lo Stato dovrà adesso versare 695mila euro.
La vittima si recò all’ospedale Loreto Mare per partorire.
A seguito di un taglio cesareo, fu sottoposta a trasfusione di sangue. Il sangue però era infetto e provocò l’epatite C (la positività al virus HCV, emersa nel 1999), evolutasi prima in una cirrosi e, alla fine, in un tumore che ebbe esito nefasto nel 2013. Un anno dopo cominciava la battaglia legale degli eredi della donna per vedersi riconosciuto il risarcimento dal ministero della Salute; ad assisterli è stato l’avvocato Maurizio Albachiara. Il 3 aprile del 2018 il Tribunale di Napoli dichiarò il ministero «responsabile dell’accaduto» anche se la trasfusione in questione era stato stata eseguita in epoca anteriore alla conoscenza scientifica dei virus Hbv, Hiv e Hcv trasmessi con il sangue infetto.
«Già dalla fine degli anni ’60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all’anno 1958, l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi», fu uno dei passaggi della sentenza del Tribunale di Napoli. Adesso arriva anche la pronuncia del Tar.
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lunedì, 13 Luglio 2020 - 19:11
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