Ventiquattro anni di reclusione, tanti quanti quelli chiesti lo scorso 8 luglio dal pm di Milano Luca Poniz. Pochi minuti prima delle 14.30 i giudici della Corte d’Assise di Milano hanno condannato Ousseynou Sy per avere dirottato e incendiato un autobus con a bordo una scolaresca di 50 ragazzini, due insegnanti e una bidella, tutti messi in salvo dai carabinieri.
La Corte ha anche riconosciuto il reato di attentato con finalità terroristiche: questa contestazione era stata introdotta in requisitoria dal pm Luca Poniz che aveva riqualificato il reato di strage. Ousseynou Sy è stato anche condannato al pagamento di una provvisionale (una sorta di anticipo sul risarcimento danni che sarà riconosciuto in separata sede) in favore delle parti civili: l’importo ammonta a quasi due milioni di euro. Nello specifico la Corte ha deciso che ognuno dei 50 bambini (tutti di una scuola media di Crema) presenti sul mezzo quel giorno avesse una provvisionale di 25mila euro, mentre è di 6mila euro quella prevista per ciascuna coppia di genitori. La condanna è in solido tra l’imputato, e il Ministero dell’Istruzione e la societa’ Autoguidovie come responsabili civili.
L’episodio si verificò il 20 marzo del 2019 a San Donato Milanese. Ousseynou Sy, ad un certo punto del percorso, costrinse le due insegnanti a legare i polsi dei ragazzini con delle fascette da elettricista e si assicurò anche di togliere a tutti i telefonini. «Andiamo a Linate», disse. E cambiò strada. Un ragazzino di 14 anni, Rami (nato in Italia da genitori egiziani) ebbene però la lucidità de il coraggio di dire che quella mattina non aveva il cellulare con sé. Era una bugia. Rami l’aveva nascosto e quando l’autista tornò alla guida del bus, lo usò per chiamare il 112. Ma era spaventato e parlava veloce, così non riuscì a spiegarsi. Poi l’intoppo. Il cellulare gli scivolò dalle mani. A quel punto un altro ragazzino, Riccardo, si alzò furtivamente per recuperare il cellulare e lo passò ad Adam che era dietro di lui. E Adam riuscì a fare la telefonata decisiva, quella che consentì ai carabinieri di intervenire tempestivamente. Con quattro volanti, i carabinieri individuarono il bus e lo speronarono per fermarlo. A questo punto il 47enne cominciò a spargere benzina sul bus (aveva nascosto le taniche nelle cappelliere) urlando che voleva vendicare «i morti in mare». Quindi appiccò il fuoco. Tutto questo mentre i bimbi erano ancora a bordo.
Un carabiniere ruppe un vetro i e i ragazzini e le insegnanti riuscirono a mettersi in salvo. Durante la requisitoria, il pm Poniz ha sottolineato che quella di Sy «è stata un’azione posta in essere da un soggetto solitario non legato a organizzazioni» criminali, da «un insospettabile con una vita lineare e serena» ed è stata dettata «da una ragione politica che rimane sullo sfondo». Si è trattato di un gesto dimostrativo contro «una politica migratoria» del Governo «vissuta da lui come una ingiustizia» per ottenere «un intervento immediato» e una «generica riscrittura dei rapporti tra Italia e Africa». Un gesto realizzato in «maniera consapevole» che ha portato a dire che il sequestro dell’intera scolaresca è stato per fini terroristici, in quanto l’uomo di origine senegalese, con la sua azione avrebbe avuto lo scopo di «intimidire la popolazione», «l’opinione pubblica» le istituzioni, il governo e ha «cagionato il pericolo per la pubblica incolumità». Una valutazione, quest’ultima, condivisa dalla Corte d’Assise. La difesa dell’imputato ha già annunciato ricorso. «Prendiamo atto della decisione, leggeremo le motivazioni e presenteremo sicuramente appello», ha detto l’avvocato Giovanni Garbagnati. Soddisfatti i genitori di alcuni dei ragazzini presenti sul bus: «Ci eravamo messi nelle mani della giustizia e siamo soddisfatti – hanno commentato – Anche per i nostri figli è un insegnamento e li farà sentire vicini alle istituzioni».
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mercoledì, 15 Luglio 2020 - 15:20
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