Doveva essere espulso a maggio Ridha Mahmoudi, il tunisino di 53 anni affetto da problemi psichici arrestato per l’omicidio di don Roberto Malgesini, il prete ‘di strada’ accoltellato a morte a Como ieri mattina. Un omicidio che ha sconvolto la comunità comasca, dove don Roberto era molto conosciuto per la sua opera di solidarietà verso gli ‘ultimi’, e che ancor di più avvilisce a leggere la cronistoria della presenza (clandestina) del suo assassino reo confesso in Italia.
L’uomo infatti è entrato illegalmente in Italia nel 1993. Destinatario di un decreto di espulsione nel 1996, quest’ultimo era stato poi revocato a seguito del matrimonio con una cittadina italiana. Con il diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari nel 2014, l’uomo è stato successivamente destinatario di più provvedimenti di espulsione. L’ultimo è stato adottato nell’aprile 2020, ma non è stato possibile effettuare l’allontanamento dal territorio a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid 19-
E proprio la sua condizione di immigrato irregolare e il timore del rimpatrio avrebbe armato la mano di Mahmoudi ieri mattina, contro quello che poteva invece considerare un amico, un sacerdote che non lo aveva mai lasciato solo. Aveva paura di essere cacciato dall’Italia e per questo si sarebbe scagliato contro don Roberto, per poi costituirsi.
Una vicenda umana complessa, in cui povertà e degrado si intrecciano con problemi psichici (mai ufficialmente certificati). Una vicenda che si presta a facili strumentalizzazioni, quelle che mai avrebbe aizzato don Roberto Malgesini, il cui ruolo di prete degli ultimi, la cui parrocchia era la strada e la cui missione era aiutare gli ultimi, gli imponeva solo silenzio e carità. Ieri una folla commossa di cittadini italiani e immigrati si è raccolta nei pressi del Duomo di Como per piangere questo sacerdote definito già ‘Santo’ dal vescovo Oscar Cantoni. A Como sarà proclamato il lutto cittadino nel giorno dei funerali.
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mercoledì, 16 Settembre 2020 - 09:35
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