Inchiesta sui Moccia a Roma, il figlio di Gigi D’Alessio nelle morsa degli usurai: le pressioni raccontate dalle intercettazioni

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Spunta anche il nome del figlio di Gigi d’Alessio dalle pagine dell’inchiesta sugli affari illeciti del clan Moccia nella città di Roma. Claudio D’Alessio si sarebbe rivolto ad alcuni degli indagati per ottenere un prestito in denaro, ovviamente con la restituzione gravata da interessi.

La circostanza emerge da alcune intercettazioni riportate nell’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip Rosalba Liso del Tribunale di Roma. D’Alessio parla con Marco Claudio De Sanctis, presidente del Mantova Football Club, ed entrambi si lamentano delle pressioni dei Moccia dai quali avevano ricevuto denaro in prestito. «Se tu non blocchi un attimo la situazione e dai il tempo di respirare e di organizzarsi, qui non si andrà mai da nessuna parte, e quindi dico… cioè, non è che uno va a rubare la mattina che all’improvviso io ti posso chiudere…», afferma D’Alessio. «Serve un attimo di respiro fammi lavorare, fammi fare e poi si stabilisce un piano di rientro».

D’Alessio si trovava in difficoltà perché doveva restituire 3mila euro, ma non riuscendo a rispettare le scadenze si ritrovava puntualmente gli interessi aumentati. «Ad ogni pagamento effettuato in ritardo, i Moccia applicavano degli ulteriori interessi, non meglio indicati, che aumentando di gran lunga il capitale da restituire, allungavano anche i tempi di estinzione del debito» si legge nell’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia contro il clan Moccia che ha portato all’arresto di 13 persone indagate a vario titolo per i reati di estorsione e fittizia intestazione di beni, aggravati dal metodo mafioso, nonché esercizio abusivo del credito».

«Da una conversazione si comprende come il rapporto debitorio durasse da almeno 6 mesi – si legge nell’ordinanza – poiché Moccia, con tono alquanto infastidito sollecitava D’Alessio a risolvere la questione («allora me lo devi dire tu, Claudio, fratello… sono sei mesi, allora!»), sottolineando come le ‘belle chiacchiere’ non fossero sufficienti con lui, che era ”di Napoli” («però Claudio tutti questi … queste belle chiacchiere… io non sono di Milano … non sono neanche della Cina, io sono di Napoli»). «Analoghe contestazioni venivano mosse a D’Alessio in una conversazione del 13 luglio 2018 – scrive il gip Rosalba Liso – ( «aò però frate, ja, stiamo da sei mesi a fa’ sto bordello»), al termine della quale i due concordavano che D’Alessio avrebbe consegnato a Moccia un assegno, che avrebbe poi incassato una terza persona, per conto di Moccia proprio al fine di evitare che emergessero rapporti finanziari diretti tra D’Alessio e Gennaro Moccia».

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martedì, 29 Settembre 2020 - 17:49
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