Crollo Rampa Nunziante, scontro tra periti sulle cause del collasso. Il consulente della difesa: «Colpa della subsidenza»

di Roberta Miele

Piano per piano, solaio per solaio. Di rosso, di rosa. Appare così nelle immagini che scorrono davanti agli occhi dei presenti nell’aula bunker di Poggioreale, sezionato in ogni parte, il palazzo di rampa Nunziante n. 15 crollato a Torre Annunziata il 7 luglio 2017 che ha portato alla morte otto persone (tra cui due bambini). Ogni slide è accompagnata dalla voce dell’ingegnere e professore Luigi Petti, consulente tecnico nominato dalla difesa dell’imputato Gerardo Velotto, promissario acquirente dell’appartamento al secondo piano accusato di crollo e omicidio colposo.

«Che il collasso sia avvenuto durante i lavori di ristrutturazione è una casualità», dichiara il tecnico dinanzi al giudice monocratico Francesco Todisco del Tribunale di Torre Annunziata nell’udienza svoltasi lunedì 12 ottobre. E dunque, «non è dovuto allo schiacciamento del maschio murario numero 3», come sostenuto dal professore Augenti, consulente della procura. «Il crollo dell’edificio – continua il teste – è iniziato ai piani superiori per la perdita di appoggio dei solai in corrispondenza della muratura portante del vano scale». Il peso del materiale caduto sul solaio del secondo piano, spiega, ha poi determinato il collasso verticale di tutto quanto era sotto. Il solo fatto che gli elementi strutturali sopra il maschio incriminato siano rimasti allineati senza disarticolarsi, per l’ingegnere, dimostra che quest’ultimo non è collassato per schiacciamento come ipotizzato dall’accusa.

La spiegazione alla tragedia, per il professore, è la subsidenza: un lento e progressivo sprofondamento del suolo. Un fenomeno naturale presente nell’area vesuviana che, continua Petti, negli ultimi due anni ha comportato diversi crolli. Ma da sola la subsidenza non poteva incidere: «La palazzina è venuta giù per i cedimenti disomogenei. L’edificio non si abbassa in maniera rigida, ma si deforma perché la struttura in muratura è scadente. Chi poteva mai pensare che i solai potessero essere messi in quel modo sfalsato nel tempo». Troppe, secondo il consulente, le modifiche subite nel corso del tempo dall’edificio per riuscire a reggere. A partire dall’aggiunta dei tre livelli e dall’aumento di volumi avvenuti tra il 1957, quando venne rilasciata l’autorizzazione edilizia, e il 1959, anno a cui risale la licenza di abitabilità. L’evoluzione strutturale del palazzo è poi continuata nel tempo. «Al terzo piano i solai appoggiano su 10 centimetri. – spiega – Al quinto piano, invece, è stata modificata in maniera importante la distribuzione dei volumi». A supporto della tesi i dati submillimetrici del Ministero dell’Ambiente dell’analisi interferometrica dell’area che dimostrano come la palazzina si sia abbassata in maniera disomogenea. Dati che rapportati alla struttura dell’edificio, per l’ingegnere, non lasciano dubbi.

Molti, invece, sono i dubbi del pubblico ministero Andreana Ambrosino che fa presente al tecnico il ritrovamento della spalletta di mattone vicino al maschio murario 3. Elemento che, per l’accusa, rappresenta, insieme ai puntelli, il vano tentativo di sostenere la struttura. «Per me non è una spalletta, è solo una pila di mattoni. – la risposta secca di Petti – I due puntelli al di sotto della trave avevano la funzione di individuare dove doveva essere ricostruito il tramezzo che era stato demolito, non dovevano sostenere nulla». Gli altri due puntelli, invece, «probabilmente servivano a chiudere le finestre durante la lavorazione o comunque erano funzionali al cantiere», ha concluso.

L’analisi del consulente è avvenuta in un periodo successivo rispetto a quello degli altri periti perché l’incarico gli è stato affidato solo al termine delle indagini preliminari. Tra gli elementi utilizzati anche le foto e i video trovati in due smartphone dei familiari di Velotto che mostrano l’interno e gli esterni dell’appartamento al secondo piano nell’arco temporale dal 20 maggio al 10 giugno 2017. Il contenuto dei due cellulari, la cui copia forense è stata depositata ieri dalla difesa di Velotto, era già stato mostrato all’udienza dello scorso 22 gennaio, durante l’esame dell’imputato.
Nel corso della lunga udienza sono stati ascoltati Francesco De Gennaro e Cataldo Persico, tecnici del comune di Torre Annunziata che per anni hanno condiviso l’ufficio con Giacomo Cuccurullo, tra le vittime del crollo. Entrambi la sera prima della tragedia avevano cenato con il collega che – hanno dichiarato – non aveva mai parlato dei lavori al palazzo.

Dell’amministrazione oplontina è stato ascoltato anche Nunzio Ariano, dirigente dell’ufficio tecnico che il 14 novembre 2018 ha ordinato, in seguito ad un’attività istruttoria, la demolizione – di quel che resta – del fabbricato. L’ordinanza è ancora sospesa per un ricorso al Tar. «Dalla nota di Coppola (docente di legislazione urbanistica e consulente della procura, ndr) emerse che c’erano delle difformità e noi abbiamo intrapreso l’iter», dichiara Ariano incalzato dai legali dell’architetto Massimiliano Bonzani. L’obiettivo della difesa, che già all’udienza del 28 settembre ha evidenziato le criticità che attanagliano gli uffici comunali, è comprendere se le tempistiche di emissione dell’ordinanza e quelle degli accertamenti della procura sono una coincidenza o meno.

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mercoledì, 14 Ottobre 2020 - 13:51
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