Covid in carcere, allarme dei sindacati. Di Giacomo (Spp): «Contagi e pochi dispositivi, Bonafede dimentica le rivolte»

Cella Carcere

«Sono più di 100 i detenuti affetti da coronavirus e oltre 150 i poliziotti penitenziari nelle carceri italiane». Dati forniti dal sindacato di polizia penitenziaria S.p.p. «sicuramente sottostimati – afferma il segretario generale Aldo Di Giacomo –  che dovrebbero indurre l’amministrazione penitenziaria a mettere in atto disposizioni che vadano ad impedire l’aggravarsi dei contagi».

«I dati preoccupano – ribadisce Di Giacomo –  ma preoccupa sicuramente di più l’immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria. Bisognerebbe impedire i colloqui con i familiari e l’accesso di tutte quelle persone non indispensabili per un periodo limitato ma utile a consentire l’evitarsi del diffondersi del virus all’interno delle carceri garantendo comunque loro la possibilità di avere contatto con i loro familiari detenuti attraverso Skype».

I dati forniti dall’amministrazione penitenziaria secondo i sindacalisti sembrano sottostimare il problema o comunque non sarebbero aggiornati in tempo reale, «in quanto i dati forniti dalle nostre strutture – continua il segretario generale di S.p.p. ci dicono che i numeri dei contagi sono maggiori. Mancano, inoltre, nella maggior parte degli istituti penitenziari presidi quali mascherine, gel igienizzanti, guanti e tute, che secondo i dati forniti dall’amministrazione le carceri italiane dovrebbero proddurre 500 mila mascherine al giorno».

«Sembra che l’amministrazione penitenziaria ed il ministro si siano già dimenticati della pesantissima situazione vissuta qualche mese fa con devastazioni e 14 morti – continua Di Giacono – Le strutture carcerarie non sono in grado di poter ospitare e curare centinaia di detenuti infetti. Ci risulta, inoltre, che in molti istituti le infermerie siano in possesso di tamponi rapidi, come quella di Palermo, ma che non vengono fatti per paura di dover mettere in isolamento decine e decine di poliziotti. La maggiore preoccupazione deriva da ciò che potrebbe succedere dal propagarsi del virus in carceri come quello di Napoli Poggioreale, Secondigliano e nelle grandi carceri italiane dal punto di vista dell’ordine pubblico ossia di eventuali possibili rivolte. Le organizzazioni criminali all’interno delle carceri italiane sono ancora molto forti e pronte a fomentare nuove rivolte».

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lunedì, 26 Ottobre 2020 - 14:02
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