Zona rossa sì, zona rossa no. La cattiva comunicazione legata al Dpcm che divide l’Italia per fasce di rischio (disegnate in base a 21 indicatori) e la mancanza di polso nell’assumere concretamente una decisione, troppo rigida o troppo morbida (a seconda dal punto di vista dell’osservatore), sul lockdown da imporre alle regioni con l’incidenza più alta di nuovi casi positivi sta tenendo in scacco l’Italia intera da ore. Troppe ore. Alle 17.39 di oggi pomeriggio non è chiaro ancora quali regioni saranno ‘zona rossa’ (benché la loro esistenza sia stata resa ufficiale nel Dpcm firmato oggi poco prima delle 13), ma a rendere lo scenario più nebuloso e anche inverosimile sono state le dichiarazioni del direttore Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza alla conferenza stampa al ministero per cercare di fare chiarezza su queste temutissime zone rosse.
Facendo il punto sui territori dove la situazione è più delicata, Rezza specifica che «le Regioni più colpite sono la Lombardia, il Piemonte e la Campania che registrano molti postivi». In Lombardia i nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore sono 7.758, seguite la Campania con 4.181 nuovi casi e il Piemonte con 3.577. Stando così le cose e dal momento che il ministero della Salute ha individuato dei parametri precisi per stabilire quando un territorio diventa zona rossa oppure zona arancione, o resta zona verde, viene da ritenere che Lombardia, Piemonte e Campania sono candidate al lockdown più duro e indicato nel Dpcm come ‘scenario 4’. Invece no. Nel corso della conferenza, il professore Rezza ci ha tenuto a sottolineare che i parametri indicati non sono vincolanti: «Automatismo non significa che poi sia tutto così facile», sono state le parole del direttore del dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute. Che ha aggiunto: la valutazione è «un combinato disposto di criteri di incidenza e tendenza, valore Rt e 21 indicatori compresi quelli di resilienza, cioè su quanto il sistema è in grado di rispondere».
Un’affermazione destabilizzante che nasconde l’esistenza di un estenuante braccio di ferro con le Regioni. La Lombardia, in modo particolare, starebbe opponendo resistenza alla ‘zona rossa’ che determinerebbe la chiusura di tutte le attività al dettaglio (i negozi di abbigliamento per esempio) e ridimensionerebbe pesantemente la didattica in presenza. La volontà è quella di raggiungere un compromesso: elevare a zona rossa solo alcune aree, alcuni comuni, ma non tutto il territorio regionale. Anche il Piemonte sembra orientato su questa direzione. La Campania, invece, è attendista: il governatore De Luca non ha mai nascosto di volere la zona rossa ma precisando che essa debba abbracciare tutta Italia. Non a caso, nella giornata di oggi, ha criticato il Dpcm parlando di «incongruenze» e di misure inutili: l’Esecutivo «stabilisce il blocco della mobilità dalle 22 alle 5. Sembra francamente che sia una misura più che contro il Covid, contro il randagismo, visto che non interessa il 99 per cento dei cittadini – ha detto De Luca – Ma la cosa grave è che, nel frattempo, non si decide nulla rispetto alle decine di migliaia di persone che, nei fine settimana, nelle domeniche, si riversano in massa sui lungomari e nei centri storici, senza motivi di lavoro o di salute, e nell’assenza di ogni controllo».
Il Governatore della Campania ha poi osservato che il Governo «si assumerà la responsabilità sanitaria e sociale conseguente alle sue scelte, sempre ritardate, e sempre parcellizzate». Alla luce di questi ragionamenti e della circostanza che il Governo non ha previsto per ora aiuti per le attività che saranno colpite dal lockdown, De Luca potrebbe anche lui opporsi alla Campania zona rossa qualora Lombardia e Piemonte riuscissero a sfilarsi.
La decisione finale è nelle mani del ministro della Salute Roberto Speranza, al quale spetta la catalogazione delle regioni per scenario di rischio. E l’attesa diventa uno stillicidio per milioni di lavoratori.
mercoledì, 4 Novembre 2020 - 17:59
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