Camorra, condannati i boss dell’area est di Napoli che si spartivano le estorsioni in via Marina. Pugno duro per i Montescuro

Tribunale
di Manuela Galletta

«I Reale hanno la ‘quota’. I Formicola hanno la quota. I Mazzarella devono avere la quota… Non li deve avere in mano ‘o pirata». E’ il 7 febbraio del 2012 quando gli uomini della Squadra Mobile intercettano la conversazione che meglio di altre descrive gli assetti e gli equilibri dei clan che operano nella zona di Napoli Est e che per anni si sono divisi i proventi delle grandi estorsioni, quelle imposte alle imprese edili che si occupavano dei lavori di rifacimento lungo via Marina o quelle imposte alle imprese che lavoravano nel porto di Napoli.

Otto anni dopo quella conversazione e a distanza di 13 mesi dagli arresti scaturiti dall’indagine battezzata ‘La piccola Svizzera’ è arrivata la (prima) sentenza che dà ragione alla tesi della Direzione distrettuale antimafia di Napoli (pm Antonella Fratello ed Henry John Woodcock): i clan di Napoli Est si sono seduti allo stesso tavolo per i grandi ‘appalti’, con la famiglia Montescuro che occupava il posto di capotavola.

Per la procura è stato Carmine Montescuro, detto zì menuzz, a tenere insieme gli interessi delle diverse cosche e la sua famiglia – oltre ad avere il monopolio nella zona di Sant’Erasmo – ha gestito la contabilità e la spartizione delle quote. Se sulla responsabilità penale di Montescuro si dovrà pronunciare un tribunale in composizione collegiale (l’uomo ha scelto il rito ordinario e sarà in aula a dicembre), per altri esponenti del gruppo criminale è invece arrivata la condanna all’esito del processo definitosi col rito abbreviato (formula che prevede lo sconto di un terzo della pena). E la condanna è arrivata anche per gli esponenti di altri clan di Napoli Est che hanno intascato la propria parte dei proventi illeciti gestiti personalmente dai Montescuro nelle zone di ‘dominio comune’.

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Le pene più severe sono state inflitte proprio ai componenti del gruppo Montescuro, che rispondevano sia di associazione di stampo mafioso che di estorsione aggravata dalla matrice camorristica: 15 anni e 8 mesi sono stati inflitti a Nino Argano, il braccio destro del capoclan Carmine Montescuro e anche l’uomo protagonista, insieme al suo ‘capo’, delle intercettazioni ambientali più ‘salienti’ dell’inchiesta; 14 anni per Carmine Montescuro jr, nipote omonimo del capoclan; 11 anni per Antonio Montescuro, figlio di Carmine jr; 11 anni anche per Vincenzo Milone. Condannati a 10 anni anche il boss Gennaro Aprea dell’omonimo clan che ha il suo quartier generale a Barra e a Vincenzo Ciriello: entrambi dovevano fare i conti con l’accusa di estorsione aggravata dalla matrice camorristica. Per lo stessa ipotesi di reato è stato condannato, a 9 anni, Gennaro Tarascio ‘o chalet del gruppo Cardarelli.

Pene lievemente più basse, invece, sono state disposte per chi rispondeva solo di ricettazione con l’aggravante della matrice camorristica in relazione all’incasso del denaro, di provenienza illecita, ripartito dai Montescuro alle altre famiglie criminali. Tra questi ci sono il boss di San Giovanni a Teduccio Salvatore D’Amico ‘o pirata (cui i Mazzarella avevano delegato la gestione degli affari nel quartiere), che ha rimediato 5 anni; Sergio Grassi che ha rimediato 6 anni; Antonio Marigliano, detto ‘o silano’, che ha incassato 6 anni. Il nome di Marigliano, per inciso, è saltato fuori anche dall’inchiesta sull’agguato in piazza Nazionale il cui obiettivo era Salvatore Nurcaro e nel quale rimase ferita anche la piccola e innocente Noemi: in un’intercettazione Marigliano commentava che «per via di questa creatura, se la prendono pure con noi». L’uomo, secondo gli inquirenti, sarebbe il mandante dell’agguato. Un sospetto che per ora è rimasto tale. Complessivamente le condanne disposte dal giudice per le indagini preliminari Campanaro del Tribunale di Napoli sono state 18.

Le motivazioni alla base della sentenza saranno depositate entro 90 giorni, passaggio necessario per consentire alla difesa (rappresentata, tra gli altri, dagli avvocati Sergio Morra, Antonio Cardillo, Antonio Gallo, Leopoldo Perone, Enrico Di Finizio, Salvatore Impradice e Mauro Zollo) di presentare ricorso in Appello.

Le condanne disposte dal gip:

Nino Argano 15 anni e 8 mesi
Carmine Montescuro 14 anni
Antonio Montescuro 11 anni
Gennaro Aprea 10 anni
Salvatore Riccardi 9 anni
Stanislao Marigliano 4 anni e 2 mesi
Antonio Marigliano 6 anni
Giuseppe Cozzolino 6 anni
Raffaele Oliviero 6 anni
Mario Reale 6 anni
Salvatore D’Amico 5 anni
Sergio Grassia 6 anni
Francesco Luca Cardarelli 10 anni
Vincenzo Ciriello 10 anni
Vincenzo Milone 11 anni
Gennaro Tarasco 9 anni
Gennaro Rinaldi 6 anni
Carlo Dario 5 anni

giovedì, 19 Novembre 2020 - 20:36
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