Non bastassero gli scontri sulla scuola (che secondo Giuseppe Conte potrebbe riaprire già a dicembre), poi sugli indicatori per la classificazione in zone e le frizioni sparse che stanno caratterizzando la seconda ondata di Coronavirus, alla ‘guerra’ in atto tra Governo e Regioni si aggiunge quella sugli impianti sciistici. Una guerra che oppone l’esecutivo di Roma alle Regioni del Nord che vantano impianti che attirano ogni anno migliaia di turisti appassionati di sci da tutta Europa ma che nell’anno del virus, come ieri ha ribadito il premier Conte ospite di ‘Otto e mezzo’ di Lili Gruber, resteranno fermi per evitare che si verifichi nella stagione invernale il disastro causato dall’imprudente ‘liberi tutti’ dell’estate scorsa. Un no che agita i governatori del Nord, la maggior parte leghisti, preoccupati per i danni al turismo della neve e soprattutto per l’eventualità, che l’Italia sta cercando di scongiurare, che della chiusura italiana approfittino Francia, Austria, Svizzera, verso cui si riverserebbero gli sciatori di tutta Europa. Un danno incalcolabile e irreversibile secondo le stime delle Regioni alpine.
Non è possibile consentire vacanze sulla neve quest’anno – ha ribadito Conte in tv – Con Macron e Merkel stiamo lavorando ad un protocollo comune europeo». Alle speranze dei gestori di impianti sciistici dunque il Governo frappone un muro, ma è chiaro che il niet di Conte va ad innalzare quello che si sta già costruendo a colpi di polemiche con tutte le Regioni; gli enti locali chiedono ancora una revisione dei parametri di classificazione, chiedono che questi passino dagli attuali 21 indicatori a 5 e che sulle scelte vi sia sempre un confronto politico che medi la mera scelta ‘scientifica’. Sul punto, la strada da percorrere tra Roma e i governatori sembra ancora lunga e irta di ostacoli frapposti soprattutto dal Ministero della Salute, convinto a proseguire sull’attuale linea.
Se, però, sugli aspetti legati alla mappa del rischio l’esecutivo guidato da Conte è al centro del confronto con i localismi, punti fermi vengono scritti per il prossimo Dpcm (del 4 dicembre) che dovrà stabilire le nuove misure, quelle legate al periodo natalizio alle porte. In primis la scuola dovrebbe riaprire a dicembre, ha affermato Conte a ‘Otto e mezzo’ («Spero siano aperte prima di Natale» ha dichiarato) per poi aggiungere che verranno varate misure ad hoc per non «ripetere Ferragosto», anticipando dunque la mannaia sugli eventi di socialità legati al periodo. Tra le anticipazioni, una riguarda la possibilità di spostamento tra Regioni che sarà possibile solo tra quelle in fascia gialla per impedire che si ripetano gli esodi cui abbiamo assistito nei mesi scorsi. Una previsione sulla carta estrema, ma va considerato che, tenendo sempre conto della curva epidemilogica, delle restrizioni già in atto e della necessità di allentare la morsa delle restrizioni a Natale, probabilmente tutte le Regioni prima del 24 saranno nella fascia di minor rischio. Venerdì, con la valutazione dei dati che emergeranno dal monitoraggio delle Regioni, si avrà un quadro più completo.
Rispetto alla chiusura delle attività, i ristoranti saranno ancora chiusi alle 18 nelle zone gialle e arancioni e chiusi tutto il giorno nelle zone rosse. Diversa la scelta per i negozi, che anzi dovrebbero vedere allungato l’orario di apertura fino alle 22 per consentire lo shopping natalizio ed evitare assembramenti da ‘corsa al regalo’. Un allungamento è previsto anche per l’orario di ‘coprifuoco’: dalle 22 attuali alle 23 o 24 con deroga oltre la mezzanotte la sera di Natale (per consentire di andare a Messa) mentre si sta ‘trattando’ per il Capodanno. Un Capodanno che, sembra quasi scontato ribadirlo, vedrà vietate feste pubbliche e private.
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martedì, 24 Novembre 2020 - 08:44
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