Napoli, ‘dimenticata’ nella residenza per anziani e morta per disidratazione: tre condanne, c’è anche il figlio della donna

Anziani

In quella struttura che avrebbe dovuto prestarle cure adeguate e attenzioni ha perso la vita. Perché qualcuno l’ha considerata poco più di un pacco e come tale l’ha trattata sino a quando lei, nonnina di 82 anni affetta di Alzheimer, non ha smesso di vivere. Uccisa dalla solitudine ma soprattutto da una grave disidratazione. Uccisa in modo avvilente e doloroso. Correva l’anno 2016. 

Martedì scorso i giudici della Corte d’Assise di Napoli hanno condannato tre persone per il decesso della donna che era ospitata nella struttura per anziani ‘Casa Wojtyla’ (di Casoria, in provincia di Napoli). In accoglimento dell’impostazione accusatoria sostenuta dal pubblico ministero Mario Canale, la Corte ha riconosciuto gli imputati colpevoli di abbandono di incapace seguito dall’evento morte.

Un’accusa che si è tradotta in una pena di 3 anni e 4 mesi per il responsabile della residenza per anziani, per l’unica operatrice socio-sanitaria presente e per il figlio della donna, che era il tutore dell’anziana e al quale sarebbe spettato il compito di verificare che la madre, piegata dalla malattia, subisse trattamenti di assistenza vergognosi. Trattamenti che nel 2016 ne cagionarono la morte: a nulla valsero i tentativi di salvarle la vita operati prima dai medici di Villa dei Fiori ad Acerra e poi del Cardarelli dove la nonnina fu condotta quando le sue condizioni di salute precipitarono. 

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venerdì, 27 Novembre 2020 - 14:39
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