‘Wedding planner’ dei migranti irregolari: sgominata la banda dei finti matrimoni. Le nozze illegali costavano 10mila euro


Diecimila euro per finte nozze, 2mila o tremila euro per la finta sposa, qualche centinaia di euro per il testimone di nozze e l’interprete connivente, un euro per una fede ‘cinese’ che doveva suggellare davanti alle autorità italiane quel matrimonio stipulato solo per consentire all’immigrato clandestino di avere il permesso di soggiorno con una rapida e illegale scappatoia. Le donne che si prestavano a questo iter completamente illegale venivano chiamate ‘pecore’ nel gergo di chi organizzava le finte nozze; lo sposo era di solito un tunisino o un marocchino arrivato in Italia e desideroso di regolarizzare in qualsiasi modo la sua posizione nel nostro Paese. La sposa, di solito una donna in grave indigenza disposta a tutto per qualche migliaio di euro. Tutto intorno, una rete di organizzatori – la Finanza li chiama ‘wedding planner internazionali’ – che si occupavano sia di ordire la trama dell’illecito sia di ‘addestrare’ gli sposi sulle risposte da dare ai funzionari dell’Ufficio stranieri della Questura in caso di domande sul matrimonio tra l’italiana e lo straniero. Il giro, che faceva girare soino a 160mila euro, è stato scoperto dalle Fiamme Gialle di Messina e andava avanti almeno dal 2016. Oggi a 16 persone sono state notificate ordinanze di custodia cautelare (5 in carcere, 11 ai domiciliari) per favoreggiamento dell’ingresso/permanenza clandestina di cittadini extracomunitari irregolari sul territorio italiano.

Le indagini, condotte dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia peloritana, hanno permesso di far luce su uno strutturato sistema illecito, finalizzato all’organizzazione di matrimoni fittizi tra cittadini italiani e stranieri (marocchini, algerini e tunisini), con lo scopo di conseguire la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e/o la permanenza nel territorio dello Stato italiano, ovvero per “sanare” la posizione di quelli destinatari di Decreti di Espulsione dal territorio dello Stato, già emanati dalla Prefettura e resi esecutivi dalla Questura. In particolare, le investigazioni trovavano la loro genesi in singolari false dichiarazioni rese da cittadini italiani a pubblici ufficiali sulle loro qualità personali, con specifico riferimento allo status di celibe/nubile. Venivano pertanto avviati mirati approfondimenti che permettevano di rilevare, sin da subito, anomale ricorrenze rispetto a numerosi cd. “matrimoni misti”: ripetitività di testimoni di nozze e/o interpreti stranieri, reiterate parentele tra testimoni e sposi, tali da ipotizzare l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere tesa all’organizzazione illecita dei citati matrimoni.

Quanto ipotizzato trovava, quindi, puntuale riscontro all’esito di più penetranti attività di polizia giudiziaria, disposte dalla Procura della Repubblica di Messina, anche attraverso indagini tecniche ed acquisizioni documentali. Nel dettaglio, emergeva l’inequivoca operatività di due collaudate organizzazioni criminali, da tempo attive a Messina e con consolidate ramificazioni in Marocco, facenti capo a due cittadini marocchini: E.A.A. detto Samir cl. 84 e C.A. detto Abramo cl. 69.

Erano proprio i due marocchini, infatti, che si occupavano, nello specifico, di organizzare i viaggi in Marocco degli sposi fittizi, di assistere i promessi sposi durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche, antecedenti e successive, al fittizio matrimonio: dalle pubblicazioni al rito nuziale, sino alla fase finale allorquando, ottenuto l’illecito scopo, si procedeva alla separazione ed al divorzio.

I due wedding planner internazionali, tuttavia, non operavano da soli, potendo contare su una strutturata organizzazione, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili in funzione delle necessità: un primo livello, costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini, incaricati di reclutare i falsi sposi (allorquando contattati da altri marocchini in cerca di una falsa sposa, i dialoganti si attivavano riferendosi alle donne italiane come “pecore” “…c’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora…un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…”); di curare l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per l’ottenimento della documentazione a favore dei cittadini extracomunitari.

In tale ambito, si inseriscono stabili riferimenti anche in territorio marocchino, deputati a coadiuvare l’attività di rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco, presso il Consolato Generale d’Italia a Casablanca.

Vi era poi u secondo livello, composto da ‘affezionati’ testimoni di nozze e interpreti e un terzo livello, infine, rappresentato da una fitta rete di soggetti italiani, principalmente donne, versanti in condizioni disagiate (“…perché il lupo quando ha fame esce dalla tana…”, così si esprimeva un indagato per sollecitare l’accettazione del matrimonio fittizio rivolgendosi ad una donna che mostrava segni di resipiscenza), che venivano coinvolte, dapprima, per essere destinate a false nozze, per poi, successivamente, divenire volano per nuovi illeciti affari, quali reclutatori di ulteriori soggetti da indirizzare verso ulteriori matrimoni falsi.

Colpisce, si legge nella nota della Gdf, «l’assoluta assenza di qualsiasi senso dello Stato da parte dei connazionali, i quali non esitano a minimizzare l’illiceità dei loro comportamenti, ritenendo come il tutto si riduca ad un mero “foglio” su cui apporre qualche firma, per far ottenere “la cittadinanza italiana” a chi non ne ha diritto».  

In altre parole, le Fiamme Gialle peloritane hanno riscontrato come nulla venisse lasciato al caso, in una spirale infinita dell’illecito, sicuramente in essere dal 2016 e tuttora attivo. Prima di giungere alla stipula del contratto di matrimonio, infatti, si riscontrava come gli organizzatori adottassero ogni possibile cautela per accreditare la fittizia convivenza dei novelli sposi: di qui la necessità di individuare un locale da adibire ad “abitazione coniugale”, in modo che entrambi i coniugi vi portassero la rispettiva residenza anagrafica. A tal riguardo, erano gli stessi capi a dare consigli su come comportarsi con gli accertatori dei Vigili Urbani durante la verifica della convivenza.

Proseguendo, dopo la celebrazione del matrimonio, che non prevedeva, ovviamente, alcun festeggiamento (tranne per qualche sporadico caso in cui è stata simulata una festicciola fittizia), l’extracomunitario richiedeva il permesso di soggiorno al competente Ufficio della Questura di Messina. Il personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Messina, quindi, al fine di vagliare la richiesta, di norma, chiamava la coppia per rivolgere alcune domande in merito al loro rapporto, alla loro conoscenza e quant’altro utile a verificare la veridicità dell’unione coniugale.

Anche su tale aspetto, forti del consolidato know how acquisito, gli organizzatori intervenivano direttamente, giungendo ad indottrinare i coniugi sulle risposte da fornire. Finanche l’acquisto delle fedi nuziali, reperite al costo di 1 € da negozi cinesi, era gestito dall’organizzazione, per essere poi fornite agli sposi. Parimenti, si documentava come tutto avesse uno specifico costo standardizzato, secondo un tariffario prestabilito: 10mila euro circa corrisposti dallo straniero all’organizzazione, in contanti o attraverso i servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da soggetti apparentemente non coinvolti nella vicenda ma contigui ai membri del sodalizio criminale; 2.3mila euro allo sposo/a fittizio; somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete, il tutto per un giro d’affari documentato nel corso delle indagini pari ad oltre  160mila euro. Uno dei soggetti destinatari del provvedimento è stato localizzato in Germania, precisamente nella zona di Francoforte sul Meno, dove sono in corso analoghe operazioni a cura del collaterale organismo di polizia, con l’esecuzione di specifico Mandato d’Arresto Europeo richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

mercoledì, 9 Dicembre 2020 - 10:00
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