Urlavano «Vergogna, vergogna» sotto casa dei genitori del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede i familiari dei 18 pescatori di Mazara del Vallo detenuti da oltre 100 giorni in una caserma-carcere vicino Bengasi, in Libia. Ieri le famiglie dei marinai dei due pescherecci ‘Medinea’ e ‘Antartide’ fermati al largo delle coste libiche hanno dato vita ad una manifestazione di protesta: prima nell’aula consiliare dove si sono riuniti, poi si sono spostati sotto la casa dei genitori di Bonafede. Sul posto sono arrivate le forze dell’ordine. A far esplodere la protesta è stata la notizia della liberazione di una nave turca, sequestrata il 5 dicembre dalle milizie del generale Haftar a sole 7 miglia dalla costa. I familiari dei pescatori siciliani si chiedono perché per la nave turca si sia arrivati subito ad una soluzione della ‘crisi’ mentre i loro congiunti, con cui l’ultimo contatto c’è stato lo scorso 12 novembre a telefono, restano nel limbo della caserma-carcere, senza notizie ancora certe sui motivi della detenzione.
Nei giorni scorsi ad alzare l’attenzione sul caso dei pescatori di Mazara erano stati il sindaco di Mazara del Vallo Salvatore Quinci e il vescovo Domenico Mogavero, che avevano chiesto un intervento rapido al ministero degli Esteri retto da Luigi Di Maio. Ma, almeno dalle ultime notizie trapelate, pare che la soluzione del caso iniziato lo scorso primo settembre non arriverà ad un lieto dine natalizio, con conseguente scoramento e preoccupazione dei parenti dei 18 pescatori, otto italiani e sei tunisini, due filippini e due senegalesi.
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venerdì, 11 Dicembre 2020 - 11:45
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