Sono pronti a scendere in piazza e a consegnare simbolicamente un Codice al ministro Bonafede per protestare contro la cancellazione dell’esame scritto per l’abilitazione all’esercizio della professione forense che si sarebbe dovuto svolgere il 15, 16 e 17 dicembre ed è stato rinviato a data da destinarsi con il penultimo Dpcm del Governo contenente le misure anti-Covid. Cominceranno i praticanti avvocato di Napoli domani, 15 dicembre, insieme ai colleghi di Palermo, Bologna, Torino e Vibo. Continueranno i praticanti di Roma e Milano il 16 dicembre. Saranno circa in ventimila gli aspiranti avvocato pronti a manifestare anche per inviare un messaggio al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sulle condizioni in cui svolgono il loro tirocinio: spesso, se non quasi sempre, non vengono pagati pur svolgendo le stesse mansioni dei professionisti, a loro sono negati anche i rimborsi spese.
Nel corso delle scorse settimane, i vari Comitati sotto le cui insegne si riuniscono i praticanti hanno chiesto un incontro con il Guardasigilli e chiesto almeno lo svolgimento di un test orale in luogo dell’esame scritto. Poi la decisione di protestare nelle stesse date in cui avrebbero dovuto svolgere le prove scritte. Un risultato, dopo le richieste a Bonafede, è stato comunque raggiunto: domani, martedì 15 dicembre, in contemporanea con le manifestazioni la Commissione Giustizia, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge in materia di accesso alla professione forense, svolgerà, in videoconferenza, un’audizione con Vincenzo La Licata, vicepresidente dell’Associazione italiana praticanti avvocati (Aipavv) che sarà trasmesso in diretta webtv.
Intanto anche la politica torna a farsi sentire sulla situazione dei praticanti avvocati. In Campania è intervenuta la capogruppo di Forza Italia in Regione Annarita Patriarca chiedendo di «ridare dignità al ruolo e al lavoro degli avvocati praticanti, e risolvere nell’immediato la questione relativa alla riforma dell’esame di abilitazione alla professione forense».
«L’esame di abilitazione alla professione – continua – obbligatorio solo nel nostro Paese, non soltanto è per niente adeguato sotto l’aspetto della meritocrazia, ma risulta del tutto anacronistico. Oltre a rappresentare un handicap, in un contesto di concorrenza sleale, in danno dei giovani avvocati della Penisola rispetto a quelli che operano nel resto d’Europa che non devono affrontare questa vera e propria barriera all’ingresso», ha detto ancora Patriarca. «Va pure ribadito che mentre per la maggior parte delle altre professioni è prevista l’abilitazione orale, stessa cosa non accade per gli avvocati praticanti, che continuano a essere bistrattati e vivono nel limbo, in attesa di poter concludere l’iter formativo», ha concluso l’esponente azzurro.
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lunedì, 14 Dicembre 2020 - 14:07
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