Corruzione, assolto l’ex governatore della Calabria. Lui: «Due anni di gogna». Il Pd bloccò persino la sua ricandidatura

mario oliverio
Mario Oliverio (Pd)

Per via dell’inchiesta che lo aveva travolto, il Partito democratico gli aveva bloccato per la ricandidatura a governatore della Calabria nella quale invece lui confidava. Mario Oliverio, dopo un’iniziale resistenza e la minaccia di spaccare il centrosinistra correndo da solo, fece poi un passo indietro, sostenendo il candidato ‘civico’ – portato dai ‘dem’ – Pippo Callipo, che però è uscito sconfitto dalle urne.

Ebbene, a distanza di un anno dal braccio di ferro col Pd per la ricandidatura sfumata, Mario Oliverio si è preso la sua rivincita sul Pd e soprattutto su quanti ritenevano che nell’inchiesta ci fosse un fono di verità. Lunedì scorso, 4 gennaio, il giudice per le indagini preliminari Giulio De Gregorio del Tribunale di Catanzaro ha assolto Oliverio dalle accuse di corruzione e abuso d’ufficio nell’ambito del processo celebrato con rito abbreviato “Lande desolate”, accuse rispetto alle quali la procura di Catanzaro (diretta da Nicola Gratteri) aveva chiesto la condanna del politico a 4 anni e 8 mesi.

«Il fatto non sussiste», ha sentenziato il giudice. Una formula che aveva già accompagnato il proscioglimento, in udienza preliminare, di altri due imputati eccellenti della stessa inchiesta, la deputata del Pd Enza Bruno Bossio e suo marito Nicola Adamo, già vice presidente della Regione, anche loro accusati di corruzione, per i quali il gup, respingendo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura, ha disposto la sentenza di non luogo a procedere. Altre quattordici persone implicate nella vicenda saranno invece giudicate ad ottobre con rito ordinario, ma l’esito dell’abbreviato per Oliverio e della ‘preliminare’ per Bosso e il marito potrebbe imprimere una specifica direzione all’intero processo ordinario.

L’indagine ruotava attorno a presunte anomalie nella realizzazione di tre opere pubbliche: l’aviosuperficie di Scalea, la seggiovia di Lorica e piazza Bilotti a Cosenza (unica portata a termine). Secondo l’ipotesi accusatoria, gli imputati avrebbero cercato di rallentare l’esecuzione dei lavori di Piazza Bilotti, eseguiti dal “gruppo Barbieri” che, in cambio, avrebbe ottenuto ulteriori finanziamenti per altri lavori ritenuti dall’accusa «non dovuti né legittimamente esigibili».

Rallentamento, secondo la procura di Catanzaro, il cui fine era di natura politica per non far inaugurare al sindaco di Cosenza Mario Occhiuto – che in quel periodo era ricandidato – la piazza che si trova nel centro cittadino. La tesi della procura è stata duramente contestata dalla difesa, che si è vista dare ragione. Soddisfatto Oliverio, che nell’ambito dell’inchiesta, il 17 dicembre 2018 fu sottoposto all’obbligo di dimora, provvedimento poi annullato dalla Corte di cassazione nel marzo successivo. «E’ una sentenza netta, chiara – il commento di Oliverio -. La giustizia finalmente è arrivata, in ritardo ma è arrivata. Sono stati due anni di gogna mediatica, nei miei confronti». L’ex governatore calabrese dopo avere ribadito di avere «speso la mia vita e il mio impegno politico e istituzionale avendo sempre come bussola la legalità, la correttezza amministrativa, il rispetto dei diritti e delle persone» auspica adesso, «una riflessione approfondita».

mercoledì, 6 Gennaio 2021 - 10:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA