Per ora nessuno di loro tornerà a casa. Nonostante il ‘mea culpa’ recitato al momento del fermo eseguito dalla polizia. Sia il giudice per le indagini preliminari Enrico Campoli per quanto riguarda i due ‘grandi’ del branco e sia il gip Marina Ferrara per la posizione dei quattro minorenni hanno deciso di sottoporre gli indagati alla misura cautelare più restrittiva, accogliendo le richieste avanzate dai due magistrati titolari del fascicolo. E’ il primo esito dell’esito giudiziario avviato nell’inchiesta sulla vigliacca aggressione al rider Gianni L., picchiato e rapinato dello scooter in via Calata Capodichino mentre stava effettuando delle consegne.
Il primo provvedimento, in ordine di tempo, è stato quello adottato dal gip del Tribunale di Napoli Enrico Campoli che ha valuto le posizioni di Michele Spinelli e Vincenzo Zimbetti (difesi dagli avvocati Giovanna Cacciapuoti e Diego Abate), ritenuti vicini agli ambienti criminali del clan Di Lauro: nel firmare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per entrambi, il gip ha sottolineato che il ‘branco’ ha agito «con crudeltà», cosa che emerge dal «reiterato tentativo di investimento» della vittima mediante uno dei motorini usati dalla gang anche quando Giovanni «era stato già trascinato terra e disarcionato».
Insomma, per il gip si ravvisa un accanimento voluto, il che – almeno per il momento – fa escludere la possibilità di riconoscere un’attenuante alla spregevole condotta, anche in presenza dell’ammissione degli addebiti e delle scuse alla vittima fatte mettere a verbale, e dunque di concedere una misura meno severa del carcere. Il secondo provvedimento, invece, è arrivato oggi e riguarda i quattro minorenni (due hanno 17 anni e gli altri 16 anni) che hanno avuto un ruolo attivo e odioso nel pestaggio. Il gip Marina Ferrara ha disposto il trasferimento di tutti nell’istituto di pena minorile di Nisida; sono difesi dagli avvocati Carlo Ercolino e Luca Mottola. Alla difesa dei sei indagati, dunque, non resta che puntare al Riesame.
La procura, intanto, andrà avanti con degli accertamenti: il rider Giovanni L. ha riferito dell’utilizzo, da parte del ‘branco’, di un coltello e di una pistola che però non sono stati ritrovati e che non si riescono a distinguere dalle cupe immagini del video girato da un residente. Né i sei indagati hanno confermato la circostanza durante le loro dichiarazioni ammissorie. Sarà importante capire se l’omissione degli indagati sia finalizzata a circoscrivere il peso delle contestazioni dalle quali difendersi in Tribunale, anche perché in tal caso il ‘mea culpa’ recitato in tutta fretta dinanzi ai poliziotti – e poi confermato dal gip – potrebbe assumere una valenza assai diversa, soprattutto a processo e soprattutto in caso di richiesta di messa alla prova.
Il secondo aspetto che la procura intende approfondire riguarda invece la raccolta fondi organizzata online in favore di Gianni che ha consentito la raccolta di ben 11mila euro da destinare al rider allo scopo di aiutarlo a ricomprare lo scooter rubato (questo prima che il suo motorino venisse ritrovato). Gianni ha rinunciato interamente alla somma dopo che ha ricevuto circa 50 offerte di lavoro e dopo avere accettato una proposta che gli offre la possibilità di svolgere il suo mestiere, quello di macellaio: in accordo con gli organizzatori della raccolta, ha dato disposizioni affinché l’importo venga destinato a un’associazione che aiuta i minori. Ebbene, la procura vuole vagliare le ‘ragioni’ sottese a questa colletta spontanea perché tra i promotori dell’iniziativa vi è anche Giorgio Mascitelli, manager del neomelodico Tony Colombo ma soprattutto figlio del boss Bruno Mascitelli che nelle scorse settimane è stato travolto da un’inchiesta anticamorra. Va sottolineato che Giorgio Mascitelli è incensurato e non è mai stato colpito da alcuna indagine, motivo per il quale l’uomo si è mostrato particolarmente irritato rispetto alla circostanza che insinua un qualche intento illecito solo per via del fatto che Mascitelli sia figlio di un criminale.
giovedì, 7 Gennaio 2021 - 16:46
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