Dalla sospensione alla chiusura a tempo indeterminato. Twitter mette al bando Donald Trump e lo fa per «rischio di ulteriore incitamento alla violenza». Una notizia clamorosa considerato che la società, per anni, s’è rifiutata di imbavagliare il presidente (uscente) degli Usa ritenendo che i suoi tweet fossero di interesse pubblico dato il suo status.
Adesso, invece, il dietrofront che costa a Twitter anche un calo delle azioni di oltre il 2% nelle negoziazioni fuori orario. Ma la società, questa volta, non si cura della perdita economica. «Le nostre regole di interesse pubblico esistono per consentire alle persone di ascoltare direttamente ciò che i funzionari eletti e i leader politici hanno da dire – ha spiegato in dettaglio la società con sede in California – Tuttavia, abbiamo chiarito per anni che questi account non sono completamente al di sopra delle nostre regole e che non possono utilizzare Twitter per incitare alla violenza, tra le altre cose».
A spingere Twitter a bannare Trump, chiudendone il profilo che conta 75 milioni di followers, sono stati due tweet. Nel primo di quei tweet il tycoon ha dichiarato: «I 75.000.000 di grandi patrioti americani che hanno votato per me, UNITED STATES FIRST e MAKE AMERICA GREAT ANCORA, avranno una VOCE DA GIGANTE in futuro. Non saranno mancati di rispetto o trattati ingiustamente in alcun modo, forma o forma!». Nel secondo, il presidente uscente ha annunciato: «A tutti quelli che me lo hanno chiesto, non andrò all’inaugurazione del 20 gennaio», riferendosi all’insediamento del presidente eletto Joe Biden. Secondo Twitter quest’ultimo annuncio sarebbe «ricevuto da molti dei suoi seguaci come una conferma che le elezioni non erano legittime e come un’inversione del suo precedente impegno» per una “transizione ordinata” il 20 gennaio. Inoltre, quel tweet «può anche servire da incoraggiamento a coloro che potrebbero considerare atti violenti (mettendo in chiaro) che l’inaugurazione sarebbe un obiettivo ‘sicuro’, perché non parteciperà», ha aggiunto Twitter.
«L’uso delle parole ‘patrioti americani’ (nel primo tweet) per descrivere alcuni dei loro seguaci viene anche interpretato (in rete) come sostegno a coloro che hanno commesso atti violenti a Capitol Hill», hanno continuato i responsabili della rete sociale. Infine, hanno indicato che la promessa che i suoi seguaci avranno una «VOCE GIGANTE in futuro» e che «non saranno mancati di rispetto» viene presa sulle reti come un segno che Trump «non intende facilitare un ‘ordinata transizione», ma per continuare «a sostenere, responsabilizzare e proteggere coloro che credono di aver vinto le elezioni».
Sul fronte più squisitamente politico la tensione resta alta. La speaker della Camera Nancy Pelosi ha lanciato un nuovo ultimatum a Trump: dimissioni immediate o impeachment lampo per istigazione all’insurrezione. E questo è accaduto dopo l’ultimo post del tycoon (già finito nel mirino di Twitter), nel quale il tycoon ha annunciato che diserterà la cerimonia di giuramento di Biden inasprendo nuovamente i toni. Sarebbe il quarto presidente nella storia Usa a non partecipare all’insediamento del suo successore: prima di lui solo John Adams, John Quincy Adams e Andrew Johnson, che si rifiuto’ di viaggiare nella stessa carrozza del presidente eletto Ulysses Grant. Ma se in tanti vogliono la sua testa prima del 20 gennaio, per dare un segnale simbolico, Biden sembra frenare nel timore di ulteriori divisioni in un Paese che vuole pacificare e riunificare al più presto. Anche un portavoce della Casa Bianca ha ammonito che un «impeachment politicamente motivato contro il presidente a 12 giorni» dalla fine del suo mandato «servirebbe solo a dividere ulteriormente il paese».
Tuttavia l’iter sembra segnato: il voto è atteso per metà della prossima settimana. E i capi di imputazione sono già pronti: nella bozza si accusa il presidente di aver «messo gravemente in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e delle loro istituzioni di governo», di aver «minacciato l’integrità del sistema democratico e interferito con una pacifica transizione di potere». E di aver dimostrato «che resterà una minaccia alla sicurezza nazionale, alla democrazia e alla Costituzione se resterà in carica». Citando il precedente di Richard Nixon nel Watergate, la Pelosi ha chiesto ai repubblicani di convincere il presidente a lasciare per evitare l’ignominia di un altro impeachment. La speaker della Camera ha parlato anche con il capo dello Stato maggiore congiunto Mark Milley per discutere le precauzioni disponibili «per impedire a un presidente instabile di avviare ostilità militari o di accedere ai codici di lancio e di ordinare un attacco nucleare». La Pelosi ha detto che all’ impeachment preferirebbe le dimissioni o il 25/emendamento, ma il vicepresidente Mike Pence (che sembra contrario) finora non si e’ fatto sentire.
sabato, 9 Gennaio 2021 - 02:07
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