Il prezzo della presunta corruzione di dieci dipendenti della Leonardo (ancora in via di identificazione) consisteva non solo in soldi contanti, ma anche in provvigioni dall’1,5 al 3,5% sull’aggiudicato, in telefoni cellulari, buoni per la benzina o per fare compere da Mediaworld. Questo secondo la Procura di Milano era il ‘tariffario’ dei dipendenti coinvolti nell’inchiesta sui casi di presunta corruzione da parte della società fornitrice di Leonardo Trans Part al fine di acquisire commesse grazie a bandi creati ‘su misura’. Gli inquirenti ipotizzano anche, ed è la prima volta che accade in un’inchiesta italiana, il coinvolgimento di due società di Google (Google Ireland Ltd e Google Payements Ltd) per le quali l’accusa è di riciclaggio internazionale. Questo perché, è l’ipotesi degli investigatori, il denaro usato per corrompere proveniva da fondi creati commettendo reato fiscali e portando soldi all’estero; quando si doveva far rientrare quei soldi in Italia per pagare le tangenti, due manager della Trans Part avrebbero utilizzato proprio la piattaforma Google Pay.
I militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ieri sono stati impegnati per l’intera giornata presso le sedi romana e pomiglianese di Leonardo per acquisire documenti utili e necessari all’indagine. L’azienda è del tutto estranea all’inchiesta, mentre sono in tutto 14 le persone finite nel registro degli indagati, oltre a Trans Part (per quanto riguarda i reati fiscali e il riciclaggio), Google Ireland Ltd e Google Payements Ltd per il reato di riciclaggio. Una indagine che peraltro arriva a poche settimane da quella che, partita stavolta dalla Procura di Napoli, ha portato all’arresto di due persone (un dipendente e un ex dipendente) accusati di avere sottratto dati e informazioni rilevanti all’azienda. Un caso di cyber crimine dai risvolti internazionali, mentre stavolta, più prosaicamente, ci si troverebbe di fronte un caso di ‘semplice’ corruzione ordita da un’azienda che, per ottenere bandi su misura, avrebbe foraggiato dieci dipendenti con regalie e prebende.
L’azienda è la Trans Part, società di intermediazione nella distribuzione di materiali per il settore militare, aerospaziale, trasporti e petrolchimico, che non solo avrebbe ottenuto bandi con caratteristiche predefinite e concordate, ma anche informazioni privilegiate. Per esempio, avrebbero saputo prima quali fossero le offerte dei concorrenti per le commesse, così da risultare avvantaggiati; o avrebbero goduto della disponibilità di quei dipendenti a cambiare le procedure di aggiudicazione dell’appalto così che diventassero adeguate alle proprie necessità. In cambio del compiacente intervento a suo favore, secondo i pm la Trans Part avrebbe ricompensato gli impiegati in vario modo: uno ‘stipendio’ di 20mila euro all’anno dal 2015, 1500 euro al mese, 25mila euro all’anno, elettrodomestici, penne Montblanc, persino buoni benzina. Mazzette pagate attraverso fondi neri creati dirottando i soldi delle commesse su una consociata con sede negli States che poi avrebbe trasferito le somme (6 milioni di euro) su tre società off shore. Per far rientrare il ‘tesoretto’ in Italia per pagare le mazzette, si sarebbe poi servita di due riciclatori che utilizzavano la piattaforma di Google per i pagamenti.
Venticinque le operazioni dall’estero all’Italia ricostruite dalla Gdf negli anni dal 2015 al 2019, per una somma di 400mila euro.
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mercoledì, 13 Gennaio 2021 - 08:26
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