Pronti a impugnare l’ultimo Dpcm di Conte. Attilio Fontana, governatore leghista della Lombardia, passa all’attacco dopo la decisione del Governo di mettere la sua Regione, e la Sicilia, in zona rossa. Non vuole impugnare l’ordinanza del Ministero della Salute, Fontana, ma direttamente il decreto e l’annuncio arriva nello stesso giorno in cui il neo assessore al Welfare Letizi Moratti chiede la sospensione di 48 ore della zona rossa lombarda e che tra i parametri di distribuzione dei vaccini il commissario all’emergenza valuti anche il prodotto interno lordo delle Regioni. Una doppietta anti-Governo, insomma, da parte della Regione più colpita dal virus e dalle polemiche sulla gestione della pandemia.
Secondo Attilio Fontana, che ha intrapreso una iniziativa unilaterale dunque non concordata con altre Regioni, va rivalutato l’indice Rt (considerato «non più accettabile») e considerata solo l’incidenza del nuovi positivi, ai fini della classificazione in zone. Poiché l’attuale incidenza nella sua Regione è di 130, a fronte dei 360 di altre Regioni, non ci sarebbero ragioni a giustificare il colore rosso e quindi le restrizioni imposte: con questo parametro la Lombardia sarebbe arancione.
«Sono convinto – ha affermato Fontana – che la zona arancione, con una particolare attenzione sulle scuole, avrebbe garantito la sicurezza. Il governo deve rivedere gli incongrui parametri che regolano le aperture, le chiusure e in sostanza la vita dei cittadini. Ora facciamo ricorso. Puntiamo a sederci al tavolo tecnico della modifica dei parametri. Tavolo di confronto che il governo ha più volte promesso, ma mai aperto, anzi, ha stretto le soglie sugli stessi parametri e portato la Lombardia in zona rossa».
Il ricorso verrebbe presentato al Tar ma è subordinato all’eventuale accettazione della proposta dell’assessore Moratti. Ipotesi poco credibile, quest’ultima, visto il muro già innalzato dal ministro alla Salute Speranza dopo le indiscrezioni sulla missiva ad Arcuri. L’intenzione della Giunta lombarda è dunque quella di non intervenire sul provvedimento che ha disposto la zona rossa, ma direttamente sul decreto del 14 gennaio innescando dunque una bomba ad orologeria che costringerebbe a rivedere tutto l’impianto della mappatura del rischio in Italia e non solo il caso Lombardia.
Una guerra di tecnicismi che ancora una volta vede la Lombardia contrapporsi al Governo, nonostante le stesse mancanze della Regione, incapace da giorni, nonostante i mezzi messi a disposizione dal Pirellone, di fornire dati aggiornati sull’epidemia. Il ‘Cruscotto’, sistema approntato dal Pirellone e gestito da Aria, è in tilt da giorni e ad accorgersene sono stati soprattutto i Comuni. Solo ieri sera l’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti di Regione Lombardia, dopo le denunce dei giorni scorsi di alcuni sindaci lombardi e degli esponenti del Partito Democratico in Regione Lombardia, ha annunciato di avere risolto il problema.
Proprio domenica, il primo cittadino di Peschiera Borromeo, Caterina Molinari, aveva accusato che «il mal funzionamento del sistema di biosorveglianza di Regione Lombardia rende di fatto inefficace l’azione delle autorità sanitarie locali». Regione Lombardia, in una nota, ha evidenziato invece che «il problema non ha inciso in alcun modo sulla classificazione della zona rossa. I dati che vengono utilizzati dal Cts per effettuare le valutazioni provengono da un altro flusso informatico, inviato quotidianamente dalla Dg Welfare, secondo un modulo standard, validato dal Cts, e uguale per tutte le Regioni. Non c’è stato alcun problema su tale flusso, proveniente direttamente dai laboratori che eseguono i tamponi».
«Nonostante il disguido informatico del ‘cruscotto’ di Aria – conclude la nota – i sindaci hanno comunque sempre a disposizione il portale di Ats Milano che fornisce la situazione aggiornata dei contagi sui loro territori».
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martedì, 19 Gennaio 2021 - 08:14
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