Morti repentine e non giustificate dalla condizione di malati di Coronavirus, avvenute nella fase più acuta dell’epidemia e nella zona tra le più colpite in Italia e in Europa. Un’inchiesta choc quella del pubblico ministero Federica Ceschi della Procura di Brescia che ha portato all’arresto del primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, eseguito dai carabinieri del Nas su ordinanza di custodia cautelare. Il medico, che si trova agli arresti domiciliari, è accusato di omicidio volontario; secondo l’accusa, avrebbe causato la morte di due pazienti affetti da Covid somministrando loro dei farmaci che di solito vengono utilizzati prima dell’intubazione per sedare i malati. In questo caso, secondo l’accusa, quel farmaco ad effetto anestetico e bloccante neuromuscolare sarebbe stato somministrato dal medico, consapevolmente, violando i protocolli sulle procedure e il dosaggio e così causando la morte dei pazienti.
I due decessi si sono verificati a marzo, quando l’Italia era in lockdown totale e negli ospedali si combatteva contro il virus. Tanti medici e infermieri eroi hanno affrontato la malattia mettendosi a rischio mentre il primario, secondo la ricostruzione degli inquirenti partita dai decessi avvenuti al pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, avrebbe con consapevolezza utilizzato pratiche mediche risultate fatali. I carabinieri del Nas hanno analizzato le cartelle cliniche di numerosi pazienti deceduti in quel periodo per cause apparentemente inspiegabili. I pazienti avevano infatti in alcuni casi subito un peggioramento delle condizioni di salute troppo veloce e, appunto, difficilmente spiegabile.
Nel corso dei mesi è stata disposta la riesumazione di tre salme per consentire autopsia e analisi tossicologiche. Le indagini hanno rilevato, all’interno di tessuti e organi di una vittima, la presenza di un farmaco anestetico e miorilassante comunemente usato nelle procedure di intubazione e sedazione del malato che, se utilizzato al di fuori di specifici procedure e dosaggi, può determinare la morte del paziente. Peraltro, nelle cartelle cliniche dei deceduti oggetto di verifica non compare la somministrazione di quei medicinali (indicata invece nelle cartelle di pazienti poi effettivamente intubati) tanto da ipotizzare a carico dell’indagato anche il reato di falso in atto pubblico.
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lunedì, 25 Gennaio 2021 - 10:51
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