Strage della Solfatara, una condanna e 5 assoluzioni per la morte dei turisti. Il Tribunale dispone la confisca del sito

Solfatara

C’è anche la confisca dell’area in cui avvenne la tragedia nel verdetto del Tribunale di Napoli che ieri ha deciso sulla tragedia della Solfatara, la morte di tre turisti – madre, padre e figlio – durante una banale visita al sito turistico noto nel mondo e divenuto teatro di un dramma familiare. Giorgio Angarano, 73 anni, legale rappresentante della Vulcano Solfatara srl è stato condannato a sei anni di reclusione e la società ha subito la confisca dell’area, che dunque ritorna allo Stato, oltre a una multa di 172mila euro. Assolti gli altri soci.

Si chiude così il primo capitolo giudiziario su un incidente che ha privato della vita Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella e il loro figlioletto Lorenzo, veneziani, che quel 12 settembre del 2017 erano arrivati alla Solfatara per visitarla, scattare foto e trascorrere una giornata spensierata ma hanno perso la vita cadendo un una voragine e rimanendo soffocati dal monossido di carbonio sprigionato dalle cavità. Una morte terribile, ricostruita dai periti e grazie alle testimonianze del piccolo Alessio, che allora aveva appena 8 anni e che è l’unico sopravvissuto della sua famiglia. Il primo a precipitare nella voragine che si aprì all’improvviso sotto i suoi piedi fu Lorenzo; mamma Tiziana e papà Massimiliano provarono a salvarlo, precipitando anch’essi.

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La sentenza è stata emessa dopo quattro ore di camera di consiglio dal Gup di Napoli Egle Pilla che ha anche condannato Angarano alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al pagamento delle spese processuali.   I familiari delle vittime, assistiti dallo Studio3A e dagli avvocati Alberto Berardi, del Foro di Padova, e Vincenzo Cortellessa, del Foro di Santa Maria Capua Vetere, sono già stati risarciti economicamente.

  A tutti gli imputati la Procura di Napoli (sostituti procuratori Anna Frasca e Giuliana Giuliano) contestava la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia nell’aver gestito il sito vulcanico, classificato dalla Commissione Grandi rischi “in zona rossa”, «in assenza – scrissero gli inquirenti – di qualsiasi cautela idonea ad assicurare che l’attività turistico-ricettiva fosse svolta in modo da garantire la sicurezza dei lavoratori dipendenti e dei terzi visitatori».

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venerdì, 29 Gennaio 2021 - 08:26
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