Da mesi chiedevano di sostenere l’esame di abilitazione forense fissato per dicembre 2020 e finito vittima dell’emergenza sanitaria da Coronavirus. Ma adesso che il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge che dispone finalmente la celebrazione dell’esame, seppure a condizioni particolari e del tutto eccezionali, i praticanti avvocati storcono il naso.
La modalità scelta per consentire a 26mila candidati di affrontare l’esame non convince. Non convincono quelle due prove orali stabilite dal ministero della Giustizia, la prima con commissione da remoto, che deve durare un’ora e all’esito della quale i commissari si riuniscono e decidono se ci sarà lo step successivo, la seconda sulla discussione di alcuni argomenti di materie d’esame previste dall’ordinamento professionale attualmente vigente. «Non ha molto senso e di certo non rende più veloce l’iter», osserva Mario che svolge a Napoli la pratica forense. «E’ una soluzione lenta – aggiunge – Si devono comporre più sottocommissioni, non sarebbe stato meglio una solo prova orale?».
Le critiche alla decisione assunta da via Arenula, e poi fatta propria dal Consiglio dei ministri, non mancano. Ma al contempo arrivano critiche al complessivo e tradizionale esame di abilitazione. «Siamo stufi di una disparità di trattamento non tanto con altre lauree, oramai abilitanti alle professioni, ma con l’iter per accedere all’esame – commenta Francesca, anche lei napoletana – Ci vorrebbe un maggior controllo nella verifica del percorso di pratica forense affrontato».
La ‘richiesta’ è la conseguenza della reale volontà dei candidati di praticare per davvero la professione forense una volta sostenuto e superato l’esame. Non tutti quelli che ogni anno superano lo scoglio dell’esame procedono poi con l’iscrizione all’Albo. «So benissimo che sono tanti i candidati, 26mila in tutta Italia, e solo 4500 nella Corte di Appello di Napoli, (che comprende anche il foro di Avellino, Benevento, Santa Maria Capua Vetere, Nola, Napoli Nord ed ovviamente Napoli), ma preciso la pratica forense quella vera e faticata nei corridoi ed aule di Tribunale è svolta da un numero ben minore», sottolinea Mario. «Io posso dire con certezza che ho preparato le udienze, ho trascorso e trascorro tuttora anche 10 ore allo studio, ho imparato la procedura, a differenza di altri che la pratica l’hanno svolta solo presenziando alle udienze con il proprio dominus, sistema purtroppo anche agevolato da professionisti che dichiarano, autenticando con la propria firma, che i propri praticanti hanno svolto la pratica forense, senza che questi abbiano probabilmente mai redatto un atto o partecipato ad un incontro con un cliente», denuncia.
Di qui la necessità, secondo alcuni candidati, di verificare il percorso dei praticanti allo scopo di tutelare realmente chi svolge pratica forense ed è poi interessato a proseguire la propria carriera indossando la toga.
sabato, 20 Marzo 2021 - 17:54
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