Mafia, il boss che comandava dal Brasile tradito dalla nostalgia di casa: arrestato al nastro bagagli dell’aeroporto di Palermo

L'arresto di Giovanni Calvaruso all'aeroporto "Falcone e Borsellino"

Voleva trascorrere la Pasqua in famiglia Giuseppe Calvaruso, ritenuto nuovo boss del mandamento mafioso di Pagliarelli, ricercato dalla giustizia cui si è sottratto nel 2020 trasferendosi in Brasile. E proprio tornando dal Paese sudamericano, avvinto forse dalla nostalgia per la Sicilia, è stato bloccato dai carabinieri e arrestati. Quando i militari lo hanno fermato era appena sbarcato all’aeroporto ‘Falcone e Borsellino’ di Palermo e attendeva le sue valigie sul nastro dei bagagli; non sapeva che la sua trasferta a tempo in Italia si sarebbe trasformata in permanenza. Che da turista si sarebbe trasformato in detenuto.

Calvaruso non sapeva di essere ricercato e pensava quindi di poter tornare a Palermo da turista e ricongiungersi alla famiglia per le festività pasquali per poi tornare in Brasile. Da qui l’urgenza di far scattare il fermo disposto dalla Dda di Palermo che ha arrestato anche altri 4 gregari di Cosa Nostra. Nel corso dell’operazione scattata ieri sono finiti in manette anche Giovanni Caruso, 50 anni, Silvestre Maniscalco, 41anni, Francesco Paolo Bagnasco, 44 anni, Giovanni Spanò, 59 anni, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Il provvedimento è stato emesso dai pm Federica La Chioma e Dario Scaletta, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

Quarantaquattro anni, investito del ruolo di capoclan dal boss Settimo Minei, arrestato nell’operazione Cupola 2.0, secondo gli inquirenti Calvarusp gestiva il mandamento nonostante fosse lontano migliaia di chilometri, occupandosi del mantenimento dei detenuti, dei rapporti coi vertici degli altri clan palermitani, risolvendo le controversie fra gli affiliati, assicurando “l’ordine pubblico” sul territorio, ad esempio, quando era ancora in Italia, prendendo parte a un violento pestaggio agli autori di alcune rapine non autorizzate da Cosa nostra.

Commercianti e imprenditori si rivolgevano a lui per ottenere autorizzazioni per l’apertura di attività commerciali o per risolvere contrasti: l’organizzazione mafiosa, secondo gli investigatori, avrebbe assunto, secondo una consolidata tradizione, una patologica funzione supplente rispetto alle istituzioni dello Stato. Il titolare di una rivendita di detersivi, ad esempio, dopo due rapine subite nell’arco di 5 giorni, si sarebbe rivolto a Giovanni Caruso, braccio destro di Calvaruso, per risalire ai rapinatori che avrebbero agito senza autorizzazione. I tre sono stati ritrovati e pestati a sangue in un garage davanti al capo della “famiglia”.

A Giovanni Caruso ci si rivolgeva anche per risolvere piccole questioni. Come il furto di un’auto. Per questo episodio sono finiti nei guai una psicoterapeuta e il gestore di una rinomata pasticceria palermitana che avrebbero incaricato il clan di ritrovare la macchina. O ancora per le morosità del gestore di un pub e per l’apertura di un’attività per il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari.

Secondo i carabinieri, Calvaruso  aveva un fiuto spiccato per gli affari. Era socio occulto di un ristorante chic, il Carlo V, a Palermo che nel 2017 aveva ospitato a pranzo il capomafia Settimo Mineo. Avrebbe anche reinvestito ingenti capitali  nel settore edile e della ristorazione. I militari parlano di «notevole abitudine imprenditoriale» del boss che andava a caccia di capitali provenienti da investitori esteri. Avrebbe fatto affari con un cittadino di Singapore interessato a investire denaro nel settore edile e turistico-alberghiero in Sicilia.

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martedì, 6 Aprile 2021 - 09:03
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