Due organizzazioni criminali rivali, che si sfidavano anche a colpi di ‘stese’, che hanno poi scelto di tenere rapporti di ‘buon vicinato’, spartirsi il territorio e persino allearsi. E’ questo il retroscena su cui si sono poi dipanate le indagini che hanno impegnato le Dda di Salerno e Napoli che questa mattina hanno portato a 26 arresti e due decreti di fermo tra le due province. Un’indagine che ha ricostruito i rapporti di contiguità tra due clan un tempo nemici, da cui inoltre si delinea con chiarezza la correlazione e la promiscuità criminale tra territori confinanti come l’hinterland di Poggiomarino e l’Agro Nocerino Sarnese.
Al centro delle indagini, come detto, due gruppi. Da un lato quello capeggiato da Rosario Giugliano, scarcerato nel marzo del 2020, sottoposto a libertà vigilata, che prima dell’uscita dal carcere aveva subito condanne per 226 anni cumulati nella pena di 30 anni di carcere. Rosario Giugliano, detto ‘o minorenne perché ‘arruolato’ dalla camorra in giovanissima età, era considerato sicario della Nuova famiglia di Pasquale Galasso. Dall’altra il gruppo di Antonio Giugliano ‘o savariello (non arrestato nell’operazione di questa mattina), ora retto dal figlio Giuseppe Giugliano, radicato nell’Agro Nocerino sarnese con estensioni fino alla Piana del Sele.
Le due organizzazioni dopo anni di contrasti che hanno raggiunto il culmine nel 2017 con la ‘stesa’ organizzata da Rosario Giugliano contro il bar di Giuseppe Giugliano, hanno dunque siglato una pax stabilendo rapporti di buon vicinato che hanno loro consentito di controllare il territorio e indirizzare i loro affari verso lo spaccio di droga e le estorsioni. Il gruppo retto da Giuseppe Giugliano, in particolare, aveva elevata capacità di approvvigionamento di stupefacenti grazie al canale di rifornimento aperto con la ‘ndrangheta attraverso i rapporti con la cosca Pesce-Bellocco.
L’operazione coordinata da Dda napoletana e salernitana ha di fatto sgominato di due gruppi, consentendo anche il sequestro di beni da 50 milioni di euro tra cui immobili, rapporti bancari, auto di lusso ed attività commerciali in Campania e in Umbria. Un patrimonio ingente nelle mani dei prestanome dei boss e dei familiari.
Il tentato omicidio dell’ex pentito
L’inchiesta condotta dalla Dda di Salerno ha in particolare consentito di ricostruire il ruolo di Rosario Giugliano e del sodale Nicola Francese nel tentato omicidio dell’ex collaboratore di giustizia Carmine Amoruso; Giugliano, appena scarcerato nel marzo del 2020, riesce a farsi affittare una mansarda, luogo «occulto e riservato» per poter tessere le fila dei propri affari. E’ qui, stando agli inquirenti che nell’appartamento piazzano dei microfoni che catturano le sue conversazioni con Francese (oggetto con Giugliano di decreto di fermo) che pianifica l’omicidio di Amoruso, ex pentito fuorisciuto dal programma di protezione per tornare attivamente sul territorio. Mossi da motivazioni tuttora oggetto di indagine, Giugliano e Francese riescono a ricostruire gli spostamenti del loro obiettivo e il 13 aprile, dopo pedinamenti a appostamenti, riescono con la loro auto a fermarlo mentre viaggia con il fratello e una terza persona. Sono entrambi armati ed esplodono 14 colpi contro l’automobile, per arrestarne la corse, e il loro obiettivo. Amoruso resta ferito all’avambraccio ma riesce a scappare facendo repentinamente retromarcia. A salvargli la vita, si rammaricherà poi lo stesso ‘minorenne’, il malfunzionamento della pistola.
La moglie e il figliastro al comando
Rosario Giugliano secondo quanto ha ricostruito la Dda non ha mai cessato di guidare l’organizzazione criminale, nemmeno dal carcere. Qui, grazie alla connivenza della moglie Teresa Caputo (arrestata) e del figlio di lei Alfonso Manzella, neomelodico noto come ‘zuccherino’, di recente finito ai domiciliari per l’agguato a un imprenditore sarnese, riesce a tenere le fila del clan. Lo fa, dal carcere, dettando ordini durante gli incontri con la compagna nella ludoteca del carcere, cui assiste anche un figlio piccolo della coppia. Così, anche ristretto in una cella, mantiene il comando, decidendo pure, quando ha iniziato a ritenere troppo esposto il figliastro Manzella, che questi fosse sostituito da un altro reggente. E ritorna poi a ‘comandare’ dalla sua tranquilla mansarda, base logistica e ‘tana’.
Le alleanze
Desideroso di appoggi criminali, Rosario Giugliano ha intrapreso alleanze con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani mentre, in virtù dell’ascendenza con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il clan di Giuseppe Giugliano. È emblematico di tale situazione di fluidità criminale l’agguato organizzato da sodali del clan di Rosario Giugliano in danno della Caffetteria Giugliano nel 2017 in pieno centro a Poggiomarino, mediante spari esplosi ad altezza d’uomo. Il commando ha agito nella convinzione che il predetto Giuseppe Giugliano fosse all’interno del bar ed allo scopo di ridimensionare la sua figura criminale.
I sodali
Il clan costituito dal ‘minorenne’ era composto dallo stesso Rosario Giugliano, nel ruolo di vertice e promotore, col figliastro Alfonso Manzella poi sostituito nella reggenza da Cristian Sorrentino. In posizione subalterna, Antonio e Salvatore Iervolino che curavano il raccordo tra i vertici del gruppo e le altre componenti del clan dedite al controllo del territorio ed al commercio dello stupefacente, tra cui Giovanni Orefice, Giuseppe Nappo e Marano Domenico Gianluca, costituenti, tra l’altro, il braccio armato del clan, deputato a commettere azioni di fuoco ed atti intimidatori.
Cocaina e marijuana era approvvigionata invece rispettivamente da esponenti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio (Giovanni Urioi e suo figlio Pasquale) e dalla famiglia Batti. Le cessioni di narcotico avvenivano mediante una fitta rete di pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento ed attraverso persone insospettabili (la guardia giurata Giuseppe Mingo, Giuseppe Del Regno, titolare di pizzeria, Cioffoletti Antonietta, addetta presso un’impresa di pulizie).
Il ruolo di Manzella il neomelodico
Rosario Giugliano aveva spostato i traffici illeciti a Pagani avvalendosi della complicità del figliastro che, essendo cantante neomelodico, attraverso le proprie canzoni reclutava sodali e lanciava invettive alle forze dell’ordine ai giudici.
Gli indagati
Il clan di Giuseppe Giuliano Giugliano è risultato operativo soprattutto nel campo dell’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ed è risultato in contatto con la n’drina calabrese dei Pesce -Bellocco della Piana di Gioia Tauro, dalla quale si riforniva di marijuana attraverso Giosafatte Giuseppe. Il narcotico veniva poi trasportato e custodito da incensurati insospettabili (Francesco De Michele e Adriano De Filippo, i quali utilizzavano anche furgoni di copertura per la distribuzione del caffè quali vettori per movimentare lo stupefacente). Altro settore nel quale è risultato ben inserito il clan Giugliano è il riciclaggio di denaro sporco all’interno di numerose aziende ubicate anche al dì fuori dei confini regionali.
Le indagini patrimoniali, estese ai nuclei familiari degli indagati Rosario Giugliano, Domenico Viesti, Teresa Caputo, Francesco Vorraro, Giovanni Orefice, Antonio Iervolino, Salvatore Tommaso Iervolino, Alfonso Manzella, Giuseppe Mingo, Francesco De Michele, Mario Nappo, Giuseppe Giuliano Giugliano, Adriano De Filippo, Cristian Sorrentino e Elia Pisciotta hanno consentito di evidenziare l’effettiva sussistenza di disponibilità economiche e flussi monetari con reinvestimenti, anche immobiliari, ritenuti sproporzionati ai redditi dichiarati, documentando le sperequazioni risultanti al momento di ogni singolo acquisto e quella maturata negli anni. Sulla base delle risultanze investigative, è stato pertanto emesso un decreto di sequestro preventivo relativamente a beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d’azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società), per un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro.
lunedì, 19 Aprile 2021 - 13:11
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