Dallo scontro tra avvocati e magistrati per una ‘sentenza già scritta’ prima della conclusione di un processo, la cui bozza è stata ritrovata nel fascicoletto processuale, allo scontro interno ai penalisti per via delle modalità di protesta contro il grave episodio. E’ la singolare parabola della storia che da poco meno di una settimana infiamma il palazzo di Giustizia di Napoli e che è destinata ad avere strascichi nell’universo dei penalisti napoletani, impegnati in un dibattito di fuoco (c’è chi minaccia di cancellarsi dalla Camera penale partenopea) e ritrovatisi, ancora una volta, su posizioni lontane sia dall’Unione delle Camere penali italiane che dalle altre Camere penali del distretto.
La storia della ‘sentenza già scritta’
Facciamo un passo indietro per riannodare i fili di questa incresciosa vicenda che da diversi giorni tiene banco sulla stampa. Tutto ha inizio il 20 maggio quando l’avvocato Gerardo Mariano Rocco di Torrepadula, impegnato dinanzi ai giudici della quarta sezione penale della Corte d’Appello di Napoli per il processo a carico di un imprenditore accusato di contraffazione di marchi di note griffe, trova, appoggiata sulla copertina del fascicolo del ‘suo’ processo non ancora concluso, la bozza non firmata di una sentenza di conferma della condanna di primo grado. L’avvocato, che subito segnala la circostanza alla Camera penale, rileva come la bozza mancasse delle sottoscrizioni dei giudici ma fosse complessa di sigillo dello Stato, intestazione ‘in nome del popolo italiano’, probabili conclusioni del procuratore generale (che non aveva ancora discusso), motivazioni in odine ai motivi di appello, dispositivo, indicazione del termine di deposito. Al tempo stesso il legale avanza istanza di ricusazione del collegio. Da questo momento entra in campo la Camera penale di Napoli guidata da Marco Campora che, legittimamente, censura l’episodio («la cui gravità è tale da rendere superflua qualsiasi ulteriore discussione») e pensa a un giorno di astensione. Contestualmente l’accaduto finisce su tutti i giornali.
L’Anm prima minimizza poi in parte fa dietrofront
Chiamata in causa, l’Associazione nazionale magistrati prova a correre ai ripari e inizialmente minimizza l’evento archiviando la bozza come «dei semplici appunti privi di qualsivoglia valore giuridico» e prova a ribaltare la faccenda scaricando addosso all’avvocato una serie di presunte gravi condotte, come l’avere frugato tra gli appunti di un giudice («I fogli si trovavano non nel fascicolo processuale, ma in un separato fascicoletto contenente le carte private del giudice, nel quale nessuno dovrebbe mettere le mani senza essere stato preventivamente autorizzato dal magistrato a uso esclusivo del quale il fascicoletto viene formato». E’ il putiferio. I toni si accendono, le interlocuzioni diventano fitte e in campo scende anche l’Unione delle Camere penali, unitamente alle Camere penali del distretto, per stigmatizzare l’accaduto. Ma a questo punto la vicenda prende una piega inaspettata. L’Associazione nazionale magistrati fa marcia indietro e, in una nota indirizzata alla Camera penale, porge le scuse all’avvocato Gerardo Mariano Rocco di Torrepadula per averlo accusato ingiustamente e riconosce come l’episodio (che si continua a bollare come frutto di ‘appunti’) abbia compromesso agli occhi dei cittadini l’imparzialità della magistratura, tutto questo mentre il giudice relatore del processo – cui è stata ricondotta la paternità dello scritto – ha anticipato che si asterrà.
I penalisti depongono le armi
La Camera penale di Napoli ‘esulta’ per il risultato ottenuto e rinuncia ad ‘azioni di lotta’, rinuncia cioè a forme di astensione spiegando, in lungo comunicato, che «non è nostra intenzione “maramaldeggiare” sulla sventurata autrice di quella grave violazione: noi non chiediamo sanzioni che colpiscano a caso chi è stato più sfortunato di altri. Noi chiediamo cambiamenti veri». E i cambiamenti veri, osserva la Camera penale, possono avvenire solo attraverso il dialogo anche con la magistratura. Dialogo che secondo l’associazione di rappresentanza dei penalisti partenopei è ancora possibile a Napoli: le scuse dell’Anm «dimostrano che ancora esistono le condizioni per un dialogo serio ed onesto nell’interesse della giurisdizione (condizioni della cui esistenza avevamo dubitato sino all’intervento riparatore dell’ANM)», si legge in un comunicato della Camera penale. Ancora: «Riteniamo, dunque opportuno non ignorare il tentativo, sia pur tardivo, posto in essere dall’ANM per ricucire il grave strappo prodotto e, per questa ragione, soprassediamo al momento dall’astensione dalle udienze già preannunziata. Certo, restano delle differenze di vedute difficilmente colmabili e che potranno produrre altre gravi fibrillazioni in futuro». Per questa ragione la Camera penale depone (per ora) le armi.
Scoppia il putiferio tra i penalisti
Una decisione che solleva un vespaio di polemiche e che, ‘politicamente’, vede la Camera penale isolata rispetto all’Ucpi e alle Camere del distretto. Partiamo dalle polemiche: la posizione di non belligeranza assunta dal direttivo guidato da Marco Campora non piace ad alcuni penalisti, che ritengono un errore il non avere proseguito con l’astensione pur in presenza delle scuse dell’Anm questo perché – è la contestazione – l’episodio non è un ‘unicum’ nel mondo (non solo napoletano) della giustizia ma uno dei tanti che dimostrano «un atteggiamento di fastidio nei confronti dell’avvocatura» e la battaglia sarebbe potuta essere l’occasione «per chiedere con forza il ritorno alla giurisdizione». Sulla scia di questa riflessione c’è chi accarezza anche l’idea di cancellarsi dalla Camera penale.
L’Ucpi e le altre Camere penali del distretto contro Napoli: ci sarà astensione
Ma vi è di più: a prendere le distanze, nei fatti, dalla Camera penale non sono soltanto alcuni legali del foro partenopeo ma L’Unione delle Camere penali e tutte le Camere penali del distretto, ossia Torre Annunziata, Nola, Napoli Nord, Avellino e Santa Maria Capua Vetere: tutti saranno in astensione il 16 giugno per protestare contro ciò che, a loro avviso, l’episodio del 20 maggio rappresenta, ossia il danneggiamento della reputazione della giurisdizione di appello, «che, è bene ricordarlo, rappresenta una ineliminabile garanzia per il cittadino, che ha diritto ad una rivalutazione piena del merito dell’accusa ad opera di un collegio, cui è pure demandato il compito di vigilare sull’operato del giudice di prima istanza». Per l’Ucpi e le Camere penali del distretto (ad esclusione di Napoli) lo svilimento del grado di appello passa attraverso alcune pratiche, ritenute diffuse, che si intende denunciare in occasione dell’astensione: «la massiva adozione di sentenze con motivazione contestuale, anche in procedure di particolare complessità e composte di un numero di pagine incompatibile con la durata della camera di consiglio all’esito delta quale esse sono state lette in udienza»; «la prassi di invitare a “dare per letta” la relazione, che priva i difensori delta possibilità di cogliere i punti della causa sui quali occorre richiamare l’attenzione del collegio»; «la prassi di invitare le difese a contenere il più possibile i tempi del proprio intervento orale, quasi che questo fosse inutile orpello, ed ostacolo alla definizione delle procedure, non un irrinunciabile momento dialettico».
sabato, 29 Maggio 2021 - 15:42
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