La morte di Pasquale Apicella, il poliziotto rimasto ucciso a Napoli mentre tentava di fermare la corsa di tre ladri, fu omicidio volontario come sostenuto dalla procura e non la drammatica conseguenza di un incidente stradale come invece affermava la difesa.
Nel pomeriggio di lunedì 7 giugno i giudici della terza sezione della Corte d’Assise di Napoli (presidente Lucia La Posta) hanno condannato i tre imputati per le accuse loro contestate, ossia omicidio volontario, tentata rapina, tentato furto, lesioni dolose e ricettazione. Nello specifico la Corte ha condannato il 41enne Fabricio Hadzovic a 26 anni di reclusione; il 28enne Admir Hadzovic e il 40enne Igor Adzovic a 18 anni di reclusione ciascuno. Nei confronti di Hadzovic è stato usato il pugno duro perché era lui alla guida della vettura che speronò l’auto della polizia sulla quale viaggiava Apicella provocando la morte dell’agente. La procura (pm Cristina Curatoli e Valentino Battiloro) aveva invece chiesto l’ergastolo per tutti gli imputati. L’ultimo componente la banda, Renato Adzovic, 24 anni, è stato giudicato con il rito abbreviato e già condannato a sei anni di reclusione ma per reati minori: il giovane non era a bordo dell’auto perché si era allontanato a piedi.
La morte di Lino Apicella si consumò la notte del 27 aprile 2020: l’agente, insieme con i colleghi, cercava di bloccare la fuga di tre ladri i quali, poco prima, avevano tentano di svaligiare lo sportello bancomat di una banca. I tre, per cercare di liberarsi delle forze dell’ordine, quella tragica notte imboccarono Calata Capodichino a fari spenti, a forte velocità e contromano. L’impatto fu talmente violento da sradicare il propulsore della “pantera” (a bordo della quale c’era Apicella, ndr) trovato ad alcuni metri di distanza dal luogo dell’impatto. A terra, inoltre, non venne rilevato alcun segno di frenata.
Presente, in aula, Giuliana Ghidotti, la moglie di Apicella, rappresentata dall’avvocato Gennaro Razzino, di recente entrata in Polizia dopo avere frequentato un corso riservato ai familiari delle vittime del dovere presso la Scuola Allievi di Caserta, e i familiari dell’agente. «Non cercavo vendetta. L’omicidio volontario è stato riconosciuto, questo è importante. Quel giorno non e’ stato un incidente come gli imputati volevano far credere. Le condanne in se’ non ci interessano. Torno a casa dai miei figli a testa alta, con Lino sempre nel cuore e una grande fiducia nella giustizia», ha detto Giuliana Ghidotti.
lunedì, 7 Giugno 2021 - 23:43
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