Spetterà agli inquirenti della Procura di Torino chiarire se la morte di Orlando Merenda, 18enne suicidatosi domenica scorsa, sia stata l’epilogo scelto dal ragazzo per reagire, o non dover forse più reagire, a insulti, prevaricazioni, violenze verbali. Si indaga per istigazione al suicidio contro ignoti.
Il diciottenne domenica scorsa si è suicidato gettandosi sotto un treno tra le stazioni Lingotto e Moncalieri, nel Torinese. Il giovane non ha lasciato nessun biglietto, ma sulla sua pagina Instagram, tra i numerosi messaggi di cordoglio, ci sono insulti e persino un “morte ai gay”.
«Il problema delle menti chiuse è che hanno la bocca aperta» aveva scritto il giovane su Instagram. «Mi aveva confessato di aver paura di alcune persone. Non mi ha spiegato chi fossero, non ha fatto nomi. Era preoccupato. Diceva che mettevano in dubbio la sua omosessualità», racconta a La Stampa il fratello Mario.
«Lo prendevano in giro perché era omosessuale», riferiscono alcuni amici. I genitori chiedono giustizia. «Stiamo cercando la verità – spiega la mamma nei tanti post e video su Facebook -, mio figlio non è mai stato solo. Non ho mai pensato a un gesto estremo, non di sua volontà, non era una persona che pensava di togliersi la vita anzi sapeva che arrivato a 18 anni avrebbe potuto fare le sue scelte. Oggi credo sia stato ingannato, deriso e umiliato, con un carattere così fragile. Non sapevi dire di no – continua la donna sui social -. Sei stato l’amico di tutti. Ti amano tutti perché sai farti amare. Troveremo giustizia. Adesso ho un compito. Trovare i colpevoli e non mi darò pace finché non uscirà la verità».
In procura si prova a fare luce sulla sua morte. Gli agenti della polizia ferroviaria hanno acquisito i messaggi, sono andati a parlare con gli insegnanti dell’istituto professionale che il giovane frequentava per diventare barman e cameriere, con i compagni di classe e gli amici.
lunedì, 28 Giugno 2021 - 10:33
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