«Scrissi che vedevo Acunzo con un’auto di grossa cilindrata nei giorni in cui era a disposizione del comandante». A parlare dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata è il brigadiere Giuseppe Gargano, testimone al processo contro tre presunti carabinieri infedeli: l’ex comandante del nucleo investigativo oplontino Pasquale Sario e i militari esperti nella cattura di latitanti Gaetano Desiderio e Sandro Acunzo, che, tra il 2008 e il 2010, secondo la procura, avrebbero reso favori all’ex ras di Boscoreale Franco Casillo (condannato all’ergastolo) in cambio di informazioni necessarie per arresti eccellenti come la cattura del killer del tenente Marco Pittoni (ucciso nel giugno 2008 durante una rapina a Pagani) e del latitante Umberto Onda (elemento di spicco del clan Gionta di Torre Annunziata).
«Feci un esposto anonimo dattiloscritto, ma compilai la busta a mano perché pensavo che tramite le indagini venisse riconosciuta la mia grafia» ha raccontato, nell’udienza del 29 giugno, Gargano che sperava di essere riconosciuto perché per un carabiniere l’anonimato «è da codardo». Però, il teste, che all’epoca era in servizio a Torre Annunziata, non poteva fidarsi più di nessuno e di Sario aveva addirittura «timore». E proprio «a Sario fu affidata l’operazione».
«Scrissi anche dei ritardi o dell’assenza di militari che risultavano in servizio. Tutto era imputabile al maggiore» ha continuato il brigadiere.
Che ha, poi, descritto le relazioni tra il comandante e Acunzo: «Si vedeva, a mio avviso, che il loro rapporto andava troppo oltre. Scrissi pure questo. Una volta, nel periodo di Natale, notai l’appuntato entrare nella stanza di Sario con un paio di cesti. Un altro giorno, quando il comandante era assente, c’era il figlio di Acunzo che giocava al suo pc seduto dietro la scrivania». «Le sembra normale?» ha chiesto riferendosi alla difesa di Sario. «A me no».
lunedì, 12 Luglio 2021 - 12:20
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