Il Consiglio di Stato mette il sigillo al disastro delle liste di Catello Maresca e anche in secondo grado conferma l’esclusione delle liste “Catello Maresca” e “Catello Maresca sindaco”, della lista di riferimento della Lega “Prima Napoli” e del “Partito animalista- Movimento a 4 zampe”. Inoltre, come conseguenza della ricusazione delle liste per il Comune, vengono ricusate quelle per la Municipalità. Dunque Maresca si troverà ad affrontare il voto con una pattuglia di candidati praticamente decimata e con sette liste in luogo delle undici che formavano la sua coalizione.
I giudici dell’organo di secondo grado di giustizia amministrativa, che non è appellabile, hanno di fatto confermato l’orientamento già espresso dal Tar Campania in primo grado. In particolare, per quanto riguarda “prima Napoli”, l’esclusione è dovuta alla mancanza del contrassegno elettorale che, come sottolineato dagli stessi togati, è obbligatoria.
“Nel caso di specie – si legge nella sentenza della Seconda sezione (Presidente Diego sabatini, Estensore Giovanni Sabbato) anche in disparte le ulteriori carenze documentali, si devono evidenziare le prescrizioni dettate dal D.P.R. 6 maggio 1960, n. 570, che per i Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti prevede “é obbligatoria la presentazione di un contrassegno di lista, anche figurato. Il contrassegno deve essere depositato a mano su supporto digitale o in triplice esemplare in forma cartacea”; nell’art. 32, n. 1), per la presentazione delle candidature nei Comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti, indica “con la lista devesi anche presentare:1) un modello di contrassegno depositato a mano su supporto digitale o in triplice esemplare in forma cartacea”;”.
“Entrambe le norme – prosegue la sentenza – devono essere quindi interpretate nel senso della obbligatorietà della prescrizione in ordine al contrassegno, essendo evidente che le esigenze di formalità in funzione della celerità e speditezza del procedimento elettorale sussistono maggiormente per i Comuni più grandi”. E “nel contesto della suddetta esigenza di certezza delle situazioni giuridiche nel celere procedimento elettorale anche la ratio della disposizione di consentire alle tipografie all’uopo incaricate la facile riproduzione del contrassegno, che dovrà essere oggetto di votazione sui manifesti elettorali e sulle schede di votazione, risulta assolutamente prevalente sulla necessità di consentire eventuali integrazioni documentali”.
Da sottolineare come i giudici stabiliscano poi la compensazione delle spese elettorali in ragione della “peculiarità” di quanto avvenuto a Prima Napoli, implicitamente riconoscendo che si tratta di una situazione davvero sui generis. Un riconoscimento che comunque non lenisce la gravità della situazione in cui sono piombati i leghisti campani e il candidato Catello Maresca.
Per la Lega, che immaginava a Napoli di iniziare la propria marcia al Sud, è un autogol che brucia. Per Maresca una debacle totale.
I coordinatori del partito di Salvini Valentino Grant (regionale) e Severino Nappi (cittadino) insistono con il racconto di una sentenza politica anche nel commentare la decisione dei giudici di Palazzo Spada: “Brutta notizia per Napoli e per la democrazia – dicono – Migliaia di napoletani sono stati derubati dalla possibilità di scegliere il cambiamento. Da oggi pancia a terra per sostenere i nostri candidati presidente sulla Prima, Quarta, Quinta e Sesta Municipalità. Siamo regolarmente in corsa con le liste sulla Quinta e sulla Sesta. Non perdiamo entusiasmo. Noi vero motore per il cambiamento”. Maresca è stavolta soft: “Qualunque esclusione ci danneggia ma noi andiamo avanti con le nostre idee perché siamo convinti che i nostri progetti immediatamente finanziabili possono cambiare Napoli”.
sabato, 18 Settembre 2021 - 08:33
© RIPRODUZIONE RISERVATA