Mafia e usura, 10 arresti. Coinvolto un avvocato: «Procacciava clienti e portava i messaggi del boss fuori dal carcere»


Sarebbe stato un avvocato, legale di un mafioso, a consentire a Cosa nostra di gestire le proprie imprese anche coi propri capi clan in carcere. Un ‘messaggero’ del clan, il punto di contatto tra il boss detenuto e gli affiliati che ne gestivano gli affari all’esterno secondo quanto scrivono gli inquirenti che questa mattina hanno disposto dieci arresti a Palermo nell’ambito dell’operazione “Araldo”. L’indagine concerne reati di usura ed estorsione commessi nel Palermitano e, da quanto emerge, sarebbe partita  proprio seguendo l’attività dell’avvocato Alessandro Del Giudice, che secondo le indagini dei finanzieri e dei carabinieri sarebbe stato inserito nel sistema illecito di prestiti.

L’operazione ‘Araldo’ ha scoperchiato il vaso di Pandora  delle violenze mafiose nei confronti di titolari di attività economiche; imprenditori vittima dell’usura che, vessati e minacciati, erano costretti a restituire somme di denaro a interessi che raddoppiavano anche dopo pochi giorni. 

Nel corso della notte sono state arrestate 10 persone, in esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa su richiesta della Dda di Palermo, di cui 9 in carcere e 1 ai domiciliari. Altre 11 persone sono indagate a piede libero. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di concorso

esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. I militari hanno proceduto anche al sequestro preventivo di quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio e relativo terreno e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco, per un valore complessivo di circa 500 mila euro. 

L’indagine, iniziata ad aprile del 2018, ha consentito di individuare un gruppo di persone che prestavano soldi con tassi usurai nei comuni dell’hinterland di Palermo, tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Le vittime venivano avvicinate grazie alle segnalazioni di una funzionaria di Riscossione Sicilia che forniva in modo illegale notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti. Una volta individuate le potenziali vittime, l’organizzazione assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti a usura. Alle persone in difficoltà venivano applicati tassi che variavano dal 143% al 5.400% annuo. A fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro. Le vittime sarebbero state costrette a restituire le somme con la violenza o le minacce tipiche del metodo mafioso.

Tra i vari episodi estorsivi è stato  documentato anche il presunto coinvolgimento di Giuseppe Scaduto 75 anni, già capo del mandamento di Bagheria ed all’epoca sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, il quale delegava Atanasio Alcamo, 45 anni già imputato per associazione mafiosa, entrambi tra i destinatari della misura cautelare. Gli altri otto arrestati sono Giovanni Di Salvo, 42 anni, accusato di essere capo e organizzatore del gruppo, Alessandro Del Giudice avvocato, 53 anni, accusato di essere promotore e procacciatore di clienti; Simone Nappini, 50 anni, accusato di esser stato intermediario e erogatore materiale dei prestiti, Antonino  Troia, 57 anni, detto Nino, Giovanni Riela, 48 anni, Gioacchino Focarino, 69 anni, detto ‘Gino’, Antonino Saverino 66 anni,  detto ‘Nino’, e Vincenzo Fucarino, 77 anni (ai domiciliari)  coinvolti a vario titolo nell’associazione. 

lunedì, 20 Settembre 2021 - 09:13
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