La stilista Carlotta Benusiglio si è suicidata ma se ciò è accaduto è per via di una condotta di pressioni, fisiche e psicologiche, da parte del fidanzato dell’epoca.
E’ la conclusione cui è giunto, nella giornata di ieri (8 giugno), il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano all’esito del processo che aveva come imputato unico Marco Venturi. I giudici hanno condannato Venturi per il reato di «morte come conseguenza di altro reato», riqualificando l’originaria accusa di omicidio volontario sostenuta dalla procura, e per episodi di lesioni e stalking contestati a partire dal 2014: all’imputato sono stati inflitti 6 anni di reclusione.
La pena è stata soggetta allo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato, tipo di giudizio scelto dall’imputato. «Siamo contenti perché la responsabilità per la morte di mia sorella è stata ricondotta a Venturi, non è stato condannato a tanti anni ma noi volevamo ridare dignità a mia sorella e oggi questa cosa è stata fatta, credevo nella giustizia ed è arrivata», ha spiegato, tra le lacrime, Giorgia Benusiglio, la sorella con a fianco la madre della stilista. A mamma e sorella, assistite dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini, sono state riconosciute anche provvisionali di risarcimento da 200mila euro.
Carlotta, 37 anni, fu trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli, a Milano, la notte del 31 maggio 2016
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni, la difesa dell’imputato ha già annunciato ricorso in Appello. Anche se gli avvocati Andrea Belotti e Veronica Rasoli non nascondono una parziale soddisfazione: «L’ipotesi dell’accusa che Venturi abbia strangolato Benusiglio e inscenato il suicidio è completamente caduta – ha commentato Belotti – Nessuno può azzardarsi a definirlo l’assassino dell’ex compagna, questo è un punto a nostro favore». La procura aveva chiesto la condanna di Venturi a 30 anni di reclusione per omicidio volontario, stalking e lesioni.
La Procura aveva evidenziato, in base a filmati delle telecamere di sorveglianza, la presenza del 45enne sul “luogo del delitto”, aveva ricordato l’ennesimo e pesante litigio tra i due durante quella serata in cui avevano bevuto molto e le discordanti versioni fornite dall’uomo. Sul caso pesavano pure tre provvedimenti (gip, Riesame e Cassazione) con cui e’ stata respinta la richiesta d’arresto per omicidio e una perizia medico-legale che stabili’ che si sarebbe trattato di suicidio. In più, un ultimo accertamento, disposto dal gup, col quale un perito informatico, dopo l’esame di alcuni minuti di filmato di una delle telecamere della piazza, ha concluso che una macchia scura non era l’ombra di una sagoma umana, ma un «artefatto dovuto alla compressione dei pixel nelle immagini».
giovedì, 9 Giugno 2022 - 18:47
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