Cosa farà Carlo Calenda? Sceglierà di allearsi al Partito democratico oppure no? E in caso di matrimonio coi ‘dem’, porrà davvero un veto a Luigi Di Maio, che pure vorrebbe essere del ‘campo largo’ voluto da Enrico Letta, o alla fine non solleverà obiezioni pur di essere della partita?
I riflettori sono tutti puntati sul leader di Azione, che sembra diventato il vero ago della bilancia di questo tetris elettorale agostano. Calenda superstar (soprattutto sui giornali), con Mattei Renzi scivolato nell’ombra e messo anche in difficoltà.
Sino a poche settimane pezzi del Pd sostenevano la necessità di riaprire le porte a Italia Viva per sanare la debolezza nei collegi uninominali. Ma adesso che la creatura di Calenda sta crescendo a dismisura per via del ‘ratto’ di esponenti berlusconiani, il Pd ha spostato il suo mirino. Azione è diventata attrattiva per i fuoriusciti da Forza Italia, cosa che invece si aspettava di essere Italia Viva. Ai renziani, però, non è toccata neanche una nuova adesione, mentre Calenda continua a stringere mani e sorridere ai flash dei fotografi. I ministri Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna sono con lui. Ma sono con lui anche diversi politici locali di riferimento dei due ministri, oltre a qualche parlamentare già fuoriuscito da Forza Italia. Nuovi acquisti che si fondono con ex esponenti del Pd, tra i primi ad aderire ad Azione.
I sondaggi, oggi, danno Calenda intorno al 6%, il che stuzzica assai il Partito democratico bisognoso di un buon partner sui territori per i collegi uninominali. Ma l’alleanza con Azione rischierebbe al Pd di precludere un dialogo con Luigi Di Maio, il quale invece vorrebbe unirsi alla famiglia ‘dem’: la creatura del ministro degli Esteri è troppo giovane per tentare da sola la sfida delle Politiche e necessita di finire sotto l’ombrello di un potente alleato. L’ideale iniziale era di aderire al fantomatico ‘terzo polo’ che sarebbe dovuto nascere nel 2023, proprio a ridosso delle Politiche previste per l’anno prossimo. Ma la caduta del Governo provocata da una mossa a sorpresa di Forza Italia e Lega, abili nel cavalcare la crisi aperta dai grillini, ha fatto saltare i piani e abortito la costruzione di questa nuova formazione di centro. Di Maio, così, si ritrova a fare pressing per le alleanze. Ma Carlo Calenda ha messo un veto sul suo nome, oltre che su quelli di Bonelli e Fratoianni. «Di Maio è la principale ragione per cui abbiamo specificato che ci impegniamo a candidare a posti di governo solo persone con solide competenze», ha scritto sui social qualche giorno fa.
Il matrimonio del Pd con Calenda potrebbe però non solo costare caro a Di Maio, ma potrebbe spingere gli stessi ‘dem’ a rinunciare a qualche battaglia in chiave elettorale. Da giorni il Pd parla di una tassa di successione per i patrimonio plurimilionari per costruire una ‘dote’ da dare ai 18enni. Calenda non è d’accordo: «Ai diciottenni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro». Calenda, ovviamente, vuole avere voce in capitolo nella definizione dell’agenda. Non a caso ha inviato a Letta «un documento preciso su come intendiamo governare il Paese». «Siamo molto delusi dalla discussione con il Pd. Abbiamo iniziato un percorso con Enrico Letta che parlava di agenda Draghi. Oggi quell’agenda è totalmente sparita», spiega il leader di Azione. Letta, però, non ha ancora risposto. E da qui, fa sapere Calenda, dipende il fatto che non ha ancora comunicato se correrà insieme ai ‘dem’. «La palla è nel campo del Pd e così la responsabilità di ciò che deciderà di fare. Il segretario dem deve darci una risposta presto. Che non può essere l’appello all’unità perché questa non è una risposta. Basta, Letta decidesse senno’ non si chiude e ognuno farà i conti con la propria coscienza», ha detto in un’intervista al Corsera.
lunedì, 1 Agosto 2022 - 09:20
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