Pagare il latte più della benzina? Può accadere, è una concreta possibilità. Il caro energia sta innestando effetti a catena che possono toccare anche uno del beni necessari per eccellenza, quello cui poche famiglie italiane rinunciano. Il latte, bene di largo consumo, sulla scia degli aumenti autunnali potrebbe passare in pochi giorni da 1,7-1,8 euro al litro, come oggi, a oltre due euro al litro. Superando, appunto, il prezzo della benzina.
A lanciare l’allarme non è un’associazione di consumatori ma due produttori ovvero Granarolo e Lactalis, quest’ultima nata dalle ceneri di Parmalat, che si sono rivolti insieme al Governo per chiedere immediati interventi volti a scongiurare «disastrose conseguenze» per la filiera e per le famiglie italiane. Granarolo e Lactalis citano gli aumenti registrati finora, a partire dall’alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, fino al packaging (con carta e plastica sono in aumento costante da mesi).
Con l’aumento dei costi dell’energia e l’inflazione al 200%, si rischia di arrivare al 2023 con un ulteriore aumento di quest’ultima del 100%. Una situazione insostenibile per le persone, le piccole e medie imprese ma a quel punto anche per le grandi imprese.
Prima che gli effetti si abbattano sulle famiglie, Altroconsumo diffonde intanto i suoi consigli per fare la spesa. Con scelte attente dei supermercati e dei discount si può infatti arrivare a risparmiare migliaia di euro: fino a 3.350 per una famiglia di quattro persone guardando con attenzione ai prezzi dei prodotti di marca e a quelli a marchio del distributore.
Altroconsumo ha anche stilato una classifica dei punti vendita più convenienti analizzandone oltre 1.100 e confrontando più di 1,6 milioni di prezzi per 126 categorie di prodotti, tra alimentari, per la cura della persona, della casa e pet food.
«Per ogni tipo di spesa – con i prodotti più economici, di marca o a marchio del distributore – spiega – cambia la convenienza dell’insegna. Abbiamo dunque simulato più “carrelli” per elaborare le classifiche». I discount sono i punti vendita più convenienti ma anche quelli che hanno aumentato di più i prezzi (5,2% a marzo 2022 rispetto alla rilevazione precedente fatta a maggio 2021 rispetto all’ 1% di supermercati e iper). In media la grande distribuzione ha aumentato i prezzi del 2,6%.
Per quanto riguarda i risultati a livello locale (che riguardano una spesa di marca presso ipermercati e supermercati) è a Parma che si può risparmiare di più (1.410 euro all’anno, il 18% – scegliendo il punto vendita meno caro tra quelli visitati rispetto al più salato). Si può risparmiare tanto seguendo le indicazioni dell’inchiesta anche a Venezia, Bologna, Ravenna e Vicenza; poco, invece, a Teramo, Taranto, Potenza, dove il risparmio massimo possibile oscilla tra appena 145 e 222 euro, pari al 2-3%.
Anche quest’anno, quindi – in termini di risparmio possibile tra un punto vendita e l’altro – emergono grandi differenze tra Nord e Centro-Sud, a scapito di quest’ultimo. Il Centro-Sud – oltre a essere l’area del Paese in cui si può risparmiare meno tra un punto vendita e l’altro – è anche la zona in cui in generale si spende di più per fare la spesa presso i supermercati e gli ipermercati visitati.
Scegliendo il supermercato più conveniente in città si può risparmiare molto, quindi: lo stesso prodotto, nella stessa città, afferma Altroconsumo, è stato trovato anche quasi al triplo del costo. Ad esempio, un detersivo per la lavatrice – a Milano – costava 7,50 euro in un supermercato e 2,75 euro in un altro: una differenza di prezzo del 173%.
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martedì, 6 Settembre 2022 - 10:33
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