«A rischio la gran parte delle confische penali per le quali, dopo una sentenza di condanna di primo grado, interviene la dichiarazione di improcedibilità». L’allarme arriva da Libera che teme un «colpo di spugna», un «arretramento del principio per cui la criminalità da profitto si contrasta con la sottrazione delle ricchezze illecitamente accumulate». Fonti di via Arenula interpellate dall’Ansa negano però sussista questo rischio.
La preoccupazione di Libera è legata all’articolo 33 dello schema di decreto delegato per l’applicazione della riforma Cartabia del processo penale all’esame della commissione giustizia della Camera. In quella norma, sostiene l’associazione, c’è una «grave criticità» che comporterà «il venir meno della gran parte delle confische penali per le quali, dopo una sentenza di condanna di primo grado, interviene la dichiarazione di improcedibilità. Prevedere che dall’improcedibilità discenda la revoca della confisca di primo grado disposta nel processo penale, con l’unica possibilità di proporre sequestro e confisca di prevenzione, comporta che in molti casi -sostiene Libera -la confisca sarà revocata pur in presenza di beni provento, diretto o indiretto, del reato anche di delitti di criminalità organizzata, tributari, in materia di corruzione, ma anche di criminalità da profitto comune».
L’associazione di don Ciotti auspica un «ripensamento» del testo per evitare che i patrimoni acquisiti illecitamente siano restituiti per motivi formali derivanti della improcedibilità per decorso dei termini: la norma va opportunamente rivista consentendo una decisione di merito a garanzia dello Stato, che pur rinunciando alla dichiarazione sulla colpevolezza, otterrà una decisione sulla confisca, e dell’imputato che potrà ottenere una sentenza di merito sulla confisca con tutte le garanzie previste».
Ma fonti del ministero della Giustizia smentiscono la sussistenza di un rischio per le confische dei patrimoni illeciti alla criminalità organizzata: anche in caso di improcedibilità del processo, il procedimento «continua per l’ applicazione delle misure di prevenzione, a cominciare dalla confisca». Le stesse fonti ricordano che ai reati puniti con l’ergastolo «non si applica l’istituto dell’improcedibilità; i reati di criminalità organizzata sono trattati in via prioritaria – così come quelli in cui vi sono beni sequestrati in funzione della confisca applicabile in casi particolari – e possono godere di tempi più lunghi prima della dichiarazione dell’improcedibilità nei processi d’Appello». Non solo: «Le ipotesi dì confisca sono coperte dalle misure di prevenzione, che non a caso costituiscono il cuore del Codice antimafia».
Nella relazione illustrativa del decreto legislativo di riforma del processo penale, si chiarisce inoltre come «il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare l’azione penale improcedibile ai sensi dell’articolo 344-bis, dispongono la confisca nei casi in cui la legge la prevede obbligatoriamente anche quando non è stata pronunciata condanna». Via Arenula ricorda come «la maggior parte delle Corti d’Appello abbiano già tempi medi di definizione dei processi di secondo grado inferiori ai 2 anni, tetto fissato per l’improcedibilità a regime (3 per i reati con regime speciale); che la riforma arriva con un atterraggio morbido: per i procedimenti nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024, i termini previsti dall’articolo 344-bis del codice di procedura penale sono, rispettivamente, di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di Cassazione». E tutti gli interventi previsti – dalle riforme sul rito, all’ organizzazione, alle massicce assunzioni, alla digitalizzazione, alla riduzione dei tempi morti – «puntano a fare in modo che tutti i processi arrivino a sentenza definitiva nel merito».
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giovedì, 15 Settembre 2022 - 10:37
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