Al processo per rivelazione di segreto d’ufficio, parla anche lui. Piercamillo Davigo, imputato dinanzi al collegio del Tribunale di Brescia presieduto dal giudice Roberto Spanò, rende dichiarazioni spontanee. E parla del magistrato Sebastiano Ardita, che da suo braccio destro nella formazione della corrente ‘Autonomia & Indipendenza’ è divenuto una persona guardata con sospetto dal Dottor Sottile. «I nostri rapporti personali sono finiti perché io non mi fidavo più di lui e non gli ho rivolto più la parola. Pensavo mi nascondesse qualcosa», ha osservato Davigo.
Il punto è semplice. Davigo, al tempo in cui era consigliere del Csm, ricevette dal pm di Milano Paolo Storari dei verbali ancora coperti da segreto istruttorio nei quali si faceva riferimento all’esistenza della cosiddetta ‘loggia Ungheria’, un’associazione segreta (mai accertata) di cui avrebbero fatto parte persone influenti. Tra gli ‘associati’ – secondo quanto dichiarato dall’avvocato Piero Amara – c’era appunto Sebastiano Ardita.
La circostanza acuì la tensione, già esistente, nel rapporto tra Davigo e Ardita. Lo scontro con Ardita si manifestò sulla nomina del Procuratore di Roma, nel febbraio 2020, quindi qualche mese prima della scoperta dei verbali di Amara: «E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso».
«Quando si arriva alla nomina del procuratore di Roma – ha chiarito Davigo – io inizialmente avrei votato Viola m dopo che esce la storia dell’Hotel Champagne, dove cercavano di far nominare Viola, io non sapevo se lui fosse d’accordo o no. Quindi ho detto ad Ardita, che continuava a insistere per Viola, che non era più votabile. Le audizioni, poi, erano andate straordinariamente bene per Prestipino, che era il reggente della procura di Roma. Ardita poi mi ha detto che non avrebbe votato per Prestipino perché era soltanto procuratore aggiunto, mentre tutti gli altri candidati sono procuratori. Il punto lì era un altro. Era che Ardita aveva votato Anna Maria Loreto come procuratore di Torino, che era stata aggiunto ma mai direttivo, ed è passata avanti ai direttivi. Quando lui insiste su questa vicenda – ha concluso Davigo – io dico che non può essere questa la verità e dunque ci deve essere un motivo che tu non mi vuoi dire. E siccome messe tutte in fila, io non mi fido più di te, per come sono fatto io da questo momento finiscono anche i nostri rapporti personali»
In precedenza c’era stata una serie di episodi che «inizialmente pensavo fossero di natura caratteriale ma poi mi hanno preoccupato. Una somma di varie cose che mi ha fatto interrompere i rapporti. Non gli ho più rivolto la parola. Poi è arrivata loggia Ungheria…». Ma, ha chiosato Davigo, «siccome la Procura di Milano non ha fatto quello che doveva fare, cioè le indagini, alla fine non si saprà mai come è andata questa storia».
giovedì, 13 Ottobre 2022 - 17:53
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