Riforma Cartabia, la Camera Penale di Napoli proclama tre giorni di sciopero: nel mirino la norma sulla rinnovazione atti

Campora Marco
L'avvocato Marco Campora

Chi per un motivo, chi per un altro, ma la Riforma Cartabia, in vigore da domani 1 novembre, sembra scontentare sia i magistrati sia gli avvocati. Ecco allora, per protesta, l’astensione dalle udienze proclamata dalla giunta della Camera penale di Napoli, presieduta da Marco Campora. Le date sono quelle del 16, 17 e 18 novembre prossimi. Gli strali dei penalisti napoletani, in particolare, si appuntano sul nuovo regime intertemporale della rinnovazione degli atti, in caso di mutamento del giudice.

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«Premesso che – recita una lunga nota della Camera penale partenopea – i prevedibilissimi e nefasti effetti scaturenti dalla sentenza Bajrami hanno modificato radicalmente — quantomeno nel Distretto di Napoli ma, alla luce di quanto recentemente avvenuto nel Tribunale capitolino che ha spinto i penalisti romani a proclamare l’astensione, la situazione sembrerebbe essere la medesima anche negli altri tribunali italiani – le modalità attraverso le quali viene esercitata la giurisdizione. Il nostro sistema processuale — per quanto imperfetto e per quanto costantemente sabotato dai “nostalgici” del rito inquisitorio che già quaranta anni fa aveva dimostrato la sua incompatibilità con i principi di una moderna democrazia occidentale — si fondava su pochissime certezze. Una di queste — forse la più importante — era che il processo fosse deciso dallo stesso giudice che aveva assunto le prove».

Secondo la Camera Penale di Napoli, «l’incondivisibile intervento delle SS.UU. — soprattutto la sciagurata applicazione pratica che ad esso è seguita – ha strutturalmente modificato l’essenza stessa del nostro processo. Assistiamo quotidianamente ad un continuo tourbillon di giudici; a processi in cui ad ogni udienza vi è un giudice diverso; a mutamenti di collegi che intervengono all’esito di complessissime istruttorie dibattimentali (durate sovente anni) con la conseguenza che, non infrequentemente, la sentenza è emessa da chi non ha partecipato all’escussione di neppure un testimone. Si è creata una nuova figura di giudice: il ‘giudice passante” che entra in aula, dirige come un vigile il processo, ascolta il testimone e se ne va, consapevole che non spetterà a lui/lei decidere quella causa».

E inoltre, «da tre anni nel nostro ‘Tribunale si stanno celebrando dei simulacri di processo ove viene costantemente violato il principio fondante il rito accusatorio e, cioè, l’oralità l’immediatezza del contraddittorio. Decenni di studi sull’importanza della comunicazione non verbale del testimone, sulla necessità per il giudicante di partecipare fisicamente all’assunzione di ogni prova, sulla necessità che vi sia identità fisica tra chi assume la prova e chi emette la sentenza, sono stati sacrificati sull’altare di non si sa bene cosa (non certo sull’altare dell’efficienza, atteso che i tempi dei processi restano elefantiaci e certo il continuo trasferimento dei giudici non ne agevola una definizione in tempi ragionevoli). Ed il deficit di comprensione del giudicante — che, anche suo malgrado, difficilmente riuscirà a comprendere gli snodi fondamentali di un processo dalla mera lettura dei verbali — sta determinando un notevole e tangibile scadimento della qualità delle decisioni».

Questo «non è un problema di poco conto – sottolinea la nota-. Ed è un problema che dovrebbe preoccupare tutti gli attori della giurisdizione. Abbiamo notato invece che, sin dal giorno successivo alla pronunzia della S.C., la sentenza Bajrami è stata colta come una sorta di “liberi tutti”, un modo facile per poter proseguire in quella giostra di trasferimenti dei giudici senza più doversi neanche più preoccupare dei processi che dovevano ricominciare daccapo».

Pertanto, «la crisi della giustizia (e la scarsa credibilità dei suoi protagonisti che, come uno stantio e poco convinto refrain, si declama in ogni occasione di voler recuperare) è figlia anche e soprattutto di una gestione quotidiana soventemente autoreferenziale, insensibile ai diritti dei cittadini. Una gestione concentrata principalmente a soddisfare gli interessi personali – legittimi ma che devono necessariamente cedere il passo dinanzi ai contrastanti interessi della collettività – dei suoi operatori (volontà di cambiare ruolo 0 funzione; di lavorare più vicino casa; ambizioni di carriera …)». Il cittadino «quando entra in un’aula di Tribunale ha spesso immediatamente chiara l’incuria e spesso il non-sense che governa l’amministrazione della giustizia e della sua vicenda. Ed è questo sconosciuto che dovrà decidere della sua libertà e del suo onore».

Perciò, «considerato che la riforma cd. Cartabia che si appresta ad entrare in vigore nei prossimi giorni non risolve adeguatamente il grave problema sin qui denunziato ma anzi addirittura lo aggrava. Ed invero, il nuovo articolo 495 comma 4-ter c.p.p., pur individuando un correttivo ed un limite all’insana prassi descritta – imponendo, su richiesta di parte, di ascoltare nuovamente i testimoni che hanno reso la deposizione dinanzi ad altro giudice qualora il precedente esame non sia stato documentato mediante mezzi di riproduzione audiovisiva – ha tuttavia il gravissimo difetto di “normativizzare” una disposizione che sinora era esclusivamente il frutto di una opinabile interpretazione giurisprudenziale e come tale sempre suscettibile di modificarsi».

Di fatto, per la Camera Penale, «con la riforma si decreta la fine del principio di immutabilità del giudice (pur essendo lo stesso ancora imposto dall’art. 525 c.p.), producendo in tal modo un gravissimo vulnus alla qualità della giurisdizione ed ai diritti delle parti processuali (imputati e parti offese)». Tanto «premesso e considerato la Giunta della Camera Penale di Napoli delibera l’astensione dalle udienze per i giorni 16, 17 e 18 novembre 2022 per denunziare la gravissima violazione di uno dei fondamentali principi su cui si fonda il rito accusatorio. In particolare — aderendo convintamente e facendo propria la richiesta recentemente avanzata dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane — si auspica che il nuovo Parlamento ed il nuovo Governo appena insediatosi modifichino l’art. 495 comma 4 ter c.p.p. sancendo, con chiarezza ed impedendo interpretazioni distorsive, la necessità che vi sia identità tra il giudice che ha assunto le prove ed il giudice che emette la sentenza». Il 16 novembre, presso la sede della Camera Penale di Napoli, si terrà un’assemblea aperta a tutti gli iscritti per discutere del tema oggetto dell’astensione.

martedì, 1 Novembre 2022 - 13:57
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