Una sentenza pubblicata e notificata alle parti, successivamente cancellata, perché ritenuta non corrispondente a quella «presente in archivio». La disputa sulle scuole chiuse in Campania è all’origine di un giallo al Consiglio di Stato. In principio, ci sono le famose ordinanze Covid del governatore Vincenzo De Luca. Con quei provvedimenti, tra l’altro, si disponeva la didattica a distanza per gli studenti campani. Decisioni al centro di proteste di alcune associazioni e diverse famiglie. Chi considerava sbagliata la Dad ha promosso ricorsi alla giustizia amministrativa. Certo, le ordinanze erano scadute e il peggio della pandemia sembrava alle spalle. Ma i reclami al Tar contenevano una riserva di azione risarcitoria, per gli eventuali danni patiti, a causa dello stop alle lezioni in presenza. Ad esempio: le spese sostenute per pagare una baby sitter, dovendo lasciare i figli a casa. Oppure – previa perizia medica – l’indennizzo per l’insorgere di problemi psicologici dei ragazzi, privati delle relazioni con l’ambiente della scuola.
Una prima tappa, al Tar Campania nel novembre 2021, registra un successo dei ricorrenti, tra i quali il Codacons e l’associazione Scuole Aperte Campania. Per i giudici di primo grado, erano illegittime le ordinanze della Regione Campania del 16 gennaio e del 27 febbraio 2021, nella parte in cui si chiudevano le scuole. Eccessivo – secondo la sentenza – il sacrificio del diritto all’istruzione, quando la Campania non era nemmeno zona rossa. Palazzo Santa Lucia era anche condannato a pagare le spese di giudizio.
Scontato l’appello della Regione al Consiglio di Stato. Lo scorso 11 novembre sembra giunta l’ora del verdetto definitivo. Nel sistema informatico viene pubblicata la sentenza della terza sezione, regolarmente notificata alle parti. La pronuncia parrebbe respingere – almeno parzialmente – il ricorso della Regione. Vale a dire: si compensano le spese di giudizio, cancellando la condanna, ma si ribadisce la illegittimità delle ordinanze impugnate. La sentenza, così, spianerebbe la strada a una valanga di azioni risarcitorie, per le famiglie degli studenti. Ma qui accade un autentico colpo di scena. Passano, infatti, alcune ore. E alle parti, il Consiglio di Stato notifica un altro provvedimento. Stavolta si tratta di un decreto del presidente di sezione.
L’atto racconta di un’inspiegabile anomalia, su cui dovranno compiersi verifiche. In pratica, suona come un “fermi tutti”: la sentenza non c’è, perché non era tale quella pubblicata in precedenza. Viene «rilevato che, a seguito del passaggio in decisione della causa all’esito dell’udienza del 6 ottobre 2022, a suo tempo – si legge nel decreto – il consigliere relatore ha trasmesso al presidente una prima bozza della sentenza, cui hanno fatto seguito le ordinarie interlocuzioni tra i componenti del collegio, anche avvenute nel corso dell’ulteriore camera di consiglio, tenutasi il giorno 3 novembre 2022; nel corso di tali ordinarie interlocuzioni — il presidente ha curato la trasmissione di una ulteriore bozza al consigliere relatore nella serata del giorno 10 novembre 2022; non avendo ricevuto il consigliere relatore tale ulteriore bozza mediante il sistema informatico — il presidente ha disposto accertamenti presso la Segreteria della Sezione, che ha comunicato l’avvenuta pubblicazione della ‘sentenza’ n. 9894 dell’11 novembre 2022; il presidente ha immediatamente segnalato alla Segreteria della Sezione ed alla Segreteria Generale che in realtà sono ancora in corso le ordinarie interlocuzioni tra i componenti del collegio, volte ad approfondire le questioni processuali e sostanziali controverse tra le parti».
La sequenza degli eventi non finisce qui, nella ricostruzione operata dal testo del decreto. Alle 18.48 di quel giorno, «il Segretario Generale della Giustizia Amministrativa ha trasmesso al presidente una email», ricevuta dal direttore generale dell’Ufficio servizi per l’informatica della Giustizia Amministrativa. Quest’ultimo, a sua volta, comunica la nota di un tecnico informatico delle 18.39. La nota tecnica è «del seguente tenore – riporta il giudice -: Le possiamo comunicare quanto segue: dagli accertamenti effettuati si è potuto constatare la non corrispondenza tra la sentenza pubblicata in archivio» della scrivania del presidente di sezione. Il messaggio conclude che «sono in corso di accertamento le cause. Segue relazione di dettaglio e relativi log’».
A quel punto, con urgenza, bisogna metterci una toppa. Sono quasi le 20 di venerdì scorso: il decreto convoca le parti in causa per giovedì prossimo, 17 novembre, per chiarire quanto avvenuto. Nella stessa data, la camera di consiglio emetterà sentenza, stavolta vera. «Considerato che ‘la presenza in archivio’ – nella ‘scrivania informatica del magistrato’ – di un testo diverso da quello poi risultato pubblicato evidenzia che – specifica il magistrato – per un errore informatico è stata pubblicata una ‘sentenza’ generata dal sistema, in assenza della corrispondente volontà del presidente, del consigliere estensore e degli altri componenti del collegio, così come formatasi all’esito della camera di consiglio del 3 novembre 2022». Si aggiunge: «Sarà senza indugio trasmessa alle parti (…) la relazione che per esteso sarà redatta dall’Ufficio informatica all’esito dei doverosi accertamenti, che possano spiegare come mai sia stato trasmesso in Segreteria del sistema un testo che riguardava invece l’ordinaria interlocuzione tra il presidente e il consigliere estensore». Per ora, il mistero resta.
lunedì, 14 Novembre 2022 - 21:45
© RIPRODUZIONE RISERVATA