Davanti alla Corte di Assise di Napoli scorre un racconto dell’orrore. A parlare è Vincenzo Alfieri, padre di Rosa, la 23enne strangolata lo scorso febbraio a Grumo Nevano, nell’hinterland a nord del capoluogo. L’uomo alterna la deposizione alle lacrime. Descrive la scena del delitto, pochi minuti dopo la consumazione, quando trovò il corpo senza vita della figlia. Si era in casa del 31enne Elpidio D’Ambra, un vicino, reo confesso dell’omicidio volontario.
«Sono entrato nella casa dell’imputato – dice-, ho visto il cellulare di mia figlia a terra e poi, appena dopo, nel bagno Rosa, con la testa nel piatto doccia, un fazzoletto in bocca e una sciarpa intorno al collo». In quei frangenti, D’Ambra non c’era, era già fuggito via. Il padre della vittima ne parla come di un «falso»: la prima volta che si sono visti, infatti, gli avrebbe mostrato una foto falsa. «Solo dopo – accusa Vincenzo Alfieri – ho capito chi fosse, è figlio di una famiglia di tossici». Queste parole suscitano le rimostranze dell’imputato, pronto a negarle da dietro le sbarre.
Tra i testi ascoltati, anche la madre e il fidanzato di Rosa. A entrambi, la ragazza avrebbe detto di temere D’Ambra, che più volte le avrebbe rivolto avances, sempre respinte dalla giovane. Il pm di Napoli Nord ha chiesto al giudice di voler motivare l’aggravante dei motivi abietti e futili consistiti «nel cercare un approccio fisico non corrisposto con la vittima». La prossima udienza è stata fissata per il 31 gennaio.
martedì, 29 Novembre 2022 - 22:06
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