Chiedono al guardasigilli «un gesto di umanità e coraggio»: la revoca del 41 bis all’anarchico Alfredo Cospito, che «è a un passo dalla morte nel carcere di Bancali a Sassari all’esito di uno sciopero della fame che dura, ormai, da 80 giorni». Sono, per ora, 38 le firme in calce all’appello al ministro della giustizia, tutte di giuristi e intellettuali. Tra loro l’ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, l’attore musicista e scrittore Moni Ovadia, il misssionario comboniano Alex Zanotelli, il filosofo Massimo Cacciari, il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, l’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo, attualmente presidente della Garzanti Libri, il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, il presidente dell’Unione delle Camere penali Giandomenico Caiazza. Tanti i magistrati in pensione, come l’ex Pg di Firenze Beniamino Deidda, Domenico Gallo, Nello Rossi, Livio Pepino, oggi presidente di Volere la Luna e direttore editoriale delle Edizioni Gruppo Abele e Franco Ippolito, oggi presidente della Fondazione Basso.
Condannato a 20 anni per avere promosso e diretto la FAI-Federazione Anarchica Informale e per alcuni attentati, Cospito è in carcere da oltre 10 anni. Dal 4 maggio scorso è sottoposto al carcere duro, il 41 bis «con esclusione – ricordano i firmatari dell’appello – di ogni possibilità di corrispondenza, diminuzione dell’aria a due ore trascorse in un cubicolo di cemento di pochi metri quadri e riduzione della socialità a una sola ora al giorno in una saletta assieme a tre detenuti». Dal 20 ottobre scorso Cospito ha iniziato uno sciopero della fame «che si protrae tuttora con perdita di 35 chilogrammi di peso e preoccupante calo di potassio, necessario per il corretto funzionamento dei muscoli involontari tra cui il cuore».
I sottoscrittori ricordano che Cospito non intende sospendere la protesta, anzi vuole portarla avanti «sino all’ultimo respiro». L’appello sottolinea che «lo sciopero della fame di detenuti potenzialmente fino alla morte è una scelta esistenziale drammatica che interpella le coscienze e le intelligenze di tutti». A fronte di ciò, «la gravità dei fatti commessi non scompare né si attenua ma deve passare in secondo piano (…). Configurare come sfida o ricatto l’atteggiamento di chi fa del corpo l’estremo strumento di protesta e di affermazione della propria identità significa tradire la nostra Costituzione che pone in cima ai valori, alla cui tutela è preposto lo Stato, la vita umana e la dignità della persona: per la sua stessa legittimazione e credibilità, non per concessione a chi lo avversa». Sta «qui – come i fatti di questi giorni mostrano nel mondo – la differenza tra – afferma il documento – gli Stati democratici e i regimi autoritari” .
La protesta estrema di Cospito “segnala molte anomalie». Ad esempio «la frequente sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte (sottolineata, nel caso, dalla stessa Corte di assise d’appello di Torino che ha, per questo, rimesso gli atti alla Corte costituzionale); il senso del regime del 41 bis, trasformatosi nei fatti da strumento limitato ed eccezionale per impedire i contatti di detenuti di particolare pericolosità con l’organizzazione mafiosa di appartenenza in aggravamento generalizzato delle condizioni di detenzione; la legittimità dell’ergastolo ostativo». Ma ora «l’urgenza è quella di salvare una vita e di non rendersi corresponsabili, anche con il silenzio, di una morte evitabile. Di qui l’appello all’ Amministrazione penitenziaria, al Ministro della Giustizia e al Governo “perché escano dall’indifferenza in cui si sono attestati in questi mesi nei confronti della protesta di Cospito e facciano un gesto di umanità e di coraggio. È un passo necessario – sostengono i firmatari- per salvare una vita e per avviare un cambiamento della drammatica situazione che attraversano il carcere e chi è in esso rinchiuso». Va tuttavia ricordato che, per effetto di una legge del 2009, il ministro della giustizia non ha più il potere di revocare il 41 bis a un detenuto.
sabato, 7 Gennaio 2023 - 16:54
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