Una «crisi di valori» che pervade la società e si traduce nell’esaltazione di modelli negativi e, in molti casi, nella celebrazione della criminalità organizzata. Nella tradizionale conferenza stampa che precede la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario nei distretti di Corte d’Appello, il procuratore generale di Napoli Luigi Riello accende i riflettori sulle devianze minorili e sulla mitizzazione di modelli sbagliati.
«Al di là dei numeri a Napoli sono diventati frequenti gli accoltellamenti tra minorenni. Come ha sottolineato anche il procuratore per i minorenni di Napoli, stiamo assistendo a una ‘guerra di sguardi’. Basta uno sguardo per innescare accoltellamenti e azioni violente», avverte Riello.
Le cause a suo avviso sono da ricercare nella famiglia e nella scuola che assolvono poco o male al loro compito educativo e formativo. «Stiamo assistendo a una vera e propria crisi di valori – incalza – Abbiamo genitori assenti da un lato ma anche una scuola che non educa al sacrificio e all’impegno. Oggi il 99,7% degli studenti viene promosso, moltissimi anche con la votazione del 100, ossia il massimo… Siamo pieni di geni, ma qualche dubbio io lo nutro. Oggi abbiamo ragazzi di 13 anni che di notte vanno per strada da soli. E abbiamo ragazzi esposti alle insidie delle Rete e che non hanno tutela».
Ma per Riello la crisi di valori è molto più estesa e abbraccia anche gli adulti. Emblematica è l’operazione di marketing portata avanti da un commerciante del centro storico che ha pubblicizzato la vendita di un ‘cappotto di montone’ paragonandolo a quello indossato nel giorno dell’arresto dal boss mafioso Matteo Messina Denaro. «Il fatto che nel centro storico di Napoli si sarebbe messo in vendita il cappotto di montone simile a quello indossato da Matteo Messina Denaro e che qualcuno lo compri è un fatto di una tristezza incredibile – osserva Riello – Se fosse uno scherzo, sarebbe di cattivo gusto ma non credo che lo sia. Indica invece un capovolgimento di valori in atto».
Cosa non nuova a Napoli. «In questa città, in cui si esagera nel bene e nel male, si è celebrata la criminalità: penso ad esempio ai murales che raffiguravano alcuni ragazzi morti. Mi dispiace che questi ragazzi siano morti, ma non sono morti morti cadendo da un’impalcatura o, come accade ad alcuni carabinieri e poliziotti, svolgendo il proprio lavoro, ma facendo rapine. Mostrare la loro effige significa che per quel quartiere quelle persone sono eroi».
Per Riello uno delle vie da percorrere per invertire la rotta è «bonificare ma anche diffondere la cultura della legalità».
venerdì, 27 Gennaio 2023 - 21:26
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