Le operazioni di demolizione dureranno circa due settimane, il bunker sarà tombato per consentire la costruzione di un parco pubblico. Al via ieri l’abbattimento del covo di Michele Zagaria, l’ultimo rifugio del capoclan dei Casalesi. In quella villetta di via Mascagni a Casapesenna, nel Casertano, all’alba del 7 dicembre 2011, gli investigatori della squadra mobile di Napoli e Caserta fecero irruzione, per catturare il superlatitante. Zagaria era nascosto nell’abitazione della famiglia di Vincenzo Inquieto (condannato poi con la moglie Rosaria Massa per favoreggiamento). Dal bunker sotterraneo, il boss controllava l’esterno, anche attraverso una serie di ‘citofoni’, la cui rete si estendeva per una larga parte della cittadina dell’Agro Aversano.
Il covo era ricavato in una piccola stanza, dove un congegno elettrico permetteva di spostare il pavimento, consentendo l’apertura di una botola. Alla presenza del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, i vigili del fuoco hanno avviato un intervento tecnico molto articolato, «con tutti i migliori componenti – specifica Paolo Massimi, comandante dei pompieri di Caserta – del corpo nazionale». La struttura edilizia è molto complessa, presenta murature e strutture particolari. L’operazione è «importantissima – dice Piantedosi – per il valore di concretezza che ha questa iniziativa di valore simbolico e anche pedagogico perché viene data visibilità all’azione di recupero di legalità dello Stato in piena sinergia istituzionale a tutti i livelli territoriali».
Il premier Meloni, da Roma, sottolinea: questo «conferma la presenza dello Stato in un territorio complesso e che merita la massima attenzione delle Istituzioni». Sul posto anche il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il quale rileva che «l’abbattimento del bunker del boss Michele Zagaria è l’applicazione della legge, la caduta di un simbolo negativo».
Anche il procuratore generale della Corte d’appello di Napoli, Luigi Riello, plaude alla demolizione di «una reliquia di quella che una volta era quasi una religione» per quel territorio. Poi però, il pg denuncia le carenze del vicino tribunale di Napoli Nord: «Se con un compasso si circoscrivesse il suo circondario, credo che avremmo la zona più altamente e densamente criminosa d’Italia. Ed è chiaro che questa zona deve essere attenzionata con il massimo sforzo da parte delle istituzioni. Se questo sforzo non c’è, naturalmente è come se lo Stato non ci fosse».
Oltre a Riello, i sindaci dell’area hanno ricordato come, anche oggi, si viva in una terra di frontiera. I primi cittadini di Aversa, Alfonso Golia, e di Giugliano in Campania, Nicola Pirozzi, hanno consegnato a Piantedosi il documento firmato dai 38 colleghi del territorio: denunciano la situazione di un tribunale dove i processi penali vengono fissati al 2026, per gli organici di magistrati e cancellieri ridotti al lumicino. Senza contare quelli delle forze dell’ordine, anch’essi ai minimi termini, pur dovendo fronteggiare ogni giorno piccola e grande criminalità.
venerdì, 17 Febbraio 2023 - 15:56
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