Strage Rigopiano, 25 assoluzioni e 5 lievi condanne. Rabbia e bagarre in aula, gup protetto dagli agenti


«Il fatto non sussiste», la formula assolutoria per 25 imputati, e in aula si scatena la bagarre tra i parenti delle vittime dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara). Si chiude tra proteste veementi, nel tribunale pescarese, il primo grado per la strage del 18 gennaio del 2017, quando migliaia di metri cubi di neve travolsero 29 vite umane, inghiottite con l’albergo dove soggiornavano.

Per quei fatti ci sono però cinque condanne lievi, decise dal gup Gianluca Sarandrea. Riguardano il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno), il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi di reclusione); il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA”, Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto (sei mesi di reclusione ciascuno).

Le condanne non placano di certo la rabbia dei familiari dei deceduti, ma anche dei sopravvissuti alla valanga. «Mi hanno ammazzato per la terza volta – dice Gianpaolo Matrone, tirato fuori dopo 62 ore trascorse sotto le macerie -: la prima volta quando ci hanno scortato, il giorno prima, verso la morte. La seconda volta quando ci hanno lasciato lì come i topi e come i cani, sotto le macerie, sotto quella tomba. E ora oggi. Vorrei dire al giudice che dei soldi che ci ha promesso non ci facciamo niente: a noi serviva una pena severa o giusta, per noi e per tutta l’Italia. Oggi, oltre a essere morti noi, è morta tutta l’Italia con noi. Non me lo aspettavo».

Matrone, che nel crollo perse la moglie Valentina Cicioni, ha inveito contro il giudice. Gi avrebbe anche detto «non finisce qui», al punto da essere allontanato dall’aula. Il dispositivo della sentenza, letto poco dopo le 17, è stato coperto dalle urla di rabbia dei parenti («Vergogna, venduti»). Un’esplosione di ira e lacrime, tanto da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine, frapposte tra il pubblico e il gup, blindato dentro da un cordone di agenti.

I familiari delle vittime erano tutti presenti, assieme all’altro superstite, il cuoco Giampiero Parete, il primo a dare l’allarme quel pomeriggio di 6 anni fa. Indossavano pettorine con i volti delle vittime, in aula hanno posizionato le maglie dedicate ai 29 «tragici assenti», ognuna su una sedia. Un grande striscione campeggiava all’ingresso del Tribunale, nel ricordo dei 29 morti. Aspettavano un’altra conclusione, in questa giornata auspicata come liberatoria, dopo un tormentato iter processuale. Il dibattimento è cominciato 16 luglio 2019 e, dopo un lungo stop dovuto anche alla pandemia, è decollato nel 2022. Non sono mancati rinvii legati a questioni tecniche, come la super perizia disposta dal giudice, le arringhe dei numerosi difensori.

Tra i tanti assolti, anche Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, per cui i pm avevano chiesto 12 anni di reclusione, e Antonio Di Marco, ex presidente della Provincia di Pescara, per cui la procura aveva chiesto 6 anni di reclusione. Prudente il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli: «Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all’appello. Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo».

Il governatore abruzzese Marco Marsilio afferma che «la sentenza provoca dolore e sorpresa, e non possiamo non comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime e dei superstiti. Nello stesso tempo, abbiamo il dovere come rappresentanti delle Istituzioni di rispettare la sentenza. Naturalmente, per esprimere un giudizio più completo e valutare le eventuali ulteriori azioni che la Regione potrà e dovrà intraprendere, dobbiamo attendere la pubblicazione delle motivazioni». Chi non è affatto diplomatico, invece, è Matteo Salvini, leader della Lega e ministro delle Infrastrutture:« 29 morti, nessun colpevole (o quasi). Questa non è “giustizia”, questa è una vergogna. Tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà ai famigliari delle vittime innocenti». E le polemiche sembrano appena cominciate.

giovedì, 23 Febbraio 2023 - 20:33
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