Aveva definito ‘porco’ il magistrato che l’aveva molestato e l’aveva fatto nel corso di una conversazione da lei ritenuta confidenziale. Una conversazione nella quale si era pure augurata che il magistrato molestatore non riuscisse ad ottenere dal Csm l’incarico prestigioso per il quale si era candidato.
Il pm Alessia Sinatra è passata dal ruolo conclamato di vittima a quella di ‘imputata’ condannata per via di quelle esternazioni. Pochi giorni fa, infatti, il Consiglio superiore della magistratura, all’esito di un procedimento disciplinare, l’ha sanzionata perché – è stato il parere del Csm – ha tenuto, lei, un «comportamento gravemente scorretto» nei confronti dell’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, nel 2021 condannato dallo stesso ‘tribunale’ del Csm per averla molestata sessualmente.
Contro Sinatra si sono ritorti alcuni messaggi che il pm inviò all’amico e compagno di corrente Luca Palamara quando Creazzo concorreva per la nomina a procuratore di Roma. In quella occasione Sinatra rivelò le molestie subite e disse a Palamara: «Giurami che il porco cade subito», «il mio gruppo non lo deve votare».
Queste conversazioni sono emerse a causa dell’inchiesta su Palamara, poi cacciato dalla magistratura, per i tentativi di ingerenza nella nomina dei capi di alcuni uffici di procura. Da qui si è ritrovato nei guai Giuseppe Creazzo che nel 2021 è stato condannato dalla sezione disciplinare del Csm alla perdita di 2 mesi di anzianità. Poi l’inaspettata condanna della Sinatra, della quale la procura generale della Cassazione aveva chiesto l’assoluzione. Secondo la contestazione la pm voleva così tentare di condizionare negativamente i consiglieri per una sorta di “rivincita morale” sul capo dei pm di Firenze.
Il fatto è diventato un caso. L’avvocato Mario Serio, in un’intervista all’Ansa, ha accusato il Csm di avere «platealmente ignorato» il messaggio del suo stesso presidente, Sergio Mattarella, che «il 22 novembre del 2022 ha testualmente detto che la violenza contro le donne è un’aperta violazione dei diritti umani».
Il mondo politico si è indignato. Su Facebook ha preso posizione il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella: «Forse non tutti sanno che nei mesi scorsi, in vista del rinnovo del Consiglio superiore della magistratura e in ossequio alla nuova legge elettorale che ne regola l’elezione, la Cassazione ha estratto a sorte alcune magistrate donne per rispettare la parità di genere fra le candidature dei togati, e il Parlamento ha riaperto i termini perché non c’erano abbastanza donne fra i candidati laici. La circostanza rende ancora più surreale quello che abbiamo letto nelle cronache di queste ore. E cioè che una magistrata ha ricevuto dal Csm una sanzione disciplinare per essersi sfogata, con un altro magistrato tramite sms privato, per una molestia subìta. Molestia che lo stesso Csm aveva riconosciuto, infliggendo una sanzione al responsabile, magistrato a sua volta». «Non mi addentro ovviamente nel merito della vicenda, men che mai nei contenziosi fra magistrati – ha aggiunto il ministro – Ma i fatti, qualsiasi siano i nomi e i mestieri dei protagonisti, cozzano frontalmente con la logica. Perché se c’è una sanzione per molestia, non si può sanzionare oltre al molestatore anche la molestata. E siccome troppo spesso vicende come questa tradiscono un riflesso culturale, temo che anche stavolta sia prevalso il pensiero di fondo per il quale la donna molestata è sempre un po’ colpevole. E’ anche questo non detto che spinge le donne a non denunciare e a sentirsi in colpa per colpe altrui. E se ad alimentarlo è il Csm…».
Ad attaccare il Csm è stato soprattutto il Terzo Polo. E’ «un pessimo segnale per tutte le donne vittime di molestie», ha detto Raffaella Paita, presidente del gruppo di Italia Viva in Senato, evidenziando che lo stesso Csm ha invece condannato «a una pena ridicola» l’ex procuratore. E’ «pazzesco» e «incredibile», ha commentato Enrico Costa. «Solo il Csm può usare il disciplinare per censurare la vittima, mentre usa il guanto di velluto con il colpevole», ha rilanciato Ivan Scalfarotto.
Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha criticato la sentenza: «Sembra una vicenda uscita da altri tempi – ha osservato la capogruppo alla Camera Luana Zanella – Preoccupa, perché suggerisce omertà e silenzio alle vittime». E’ sceso in campo anche il Centro antiviolenza Le Onde Onlus: «La sanzione applicata dal Csm alla dottoressa Sinatra è un gravissimo segnale di arretramento delle istituzioni sul fronte del contrasto alla violenza di genere. E il fatto che questo arretramento provenga dall’organo di autogoverno e disciplina della magistratura lo rende ancora più inquietante». «Il provvedimento disciplinare applicato – prosegue la nota del Centro – rappresenta un esempio di quella cultura patriarcale di cui facciamo fatica a liberarci, ci dice che una donna che ha subito una violenza è responsabile al pari dell’autore della violenza stessa. Questo provvedimento è anche un esempio tangibile di cosa sia la vittimizzazione secondaria, oltre che un gravissimo segnale per tutte quelle donne che avendo subito una violenza decidano di affidarsi alle istituzioni chiedendo giustizia per quanto da loro subito. La nostra solidarietà e il nostro impegno vanno sempre alle donne che abbiano vissuto una qualsiasi forma di violenza e ancora di più a chi subisce un’ulteriore vittimizzazione».
venerdì, 24 Febbraio 2023 - 22:02
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