La fuga del russo, amico di Putin, è finita all’italiana. Cioè con la rissa tra magistrati e ministero della giustizia. Ma riavvolgiamo il nastro. L’imprenditore Artem Uss (nella foto) è stato arrestato il 17 ottobre a Malpensa, mentre partiva per la Turchia. Gli Stati Uniti lo accusano di violazione d’embargo nei confronti del Venezuela per contrabbando di petrolio verso Cina e Russia, frode bancaria, riciclaggio e soprattutto esportazione illegale di tecnologie militari dagli Usa alla Russia. Uss è rimasto in carcere fino al 2 dicembre, quando il 40enne è stato posto ai domiciliari in un casa di borgo Vione, affittata da sua moglie Maria Yagodina. Il 21 marzo l’ok dei giudici milanesi all’estradizione, ma il giorno dopo Uss c’è stata la fuga.
LA FUGA DA SPY STORY
La beffa del fuggitivo ha gli inevitabili contorni della spy story. E un intervento dei servizi segreti russi, a questo punto, non è affatto da escludere. Uss è riuscito a lasciare l’Italia in poche ore in macchina, cambiando più auto e con documenti falsi, attraverso il confine triestino ed è entrato in Slovenia. Quindi è arrivato fino in Serbia e da là è tornato in Russia, forse con un volo. Nelle indagini condotte dai carabinieri e coordinate dal procuratore Marcello Viola e dal pm Giovanni Tarzia, investigatori e inquirenti si è appurato che il magnate russo, figlio del governatore di una regione siberiana molto vicino a Putin, sarebbe stato aiutato da un gruppo operativo composto da 6-7 persone. Alcuni fiancheggiatori sono stati già identificati e indagati. Il padre di Artem Uss, intanto, ha ringraziato Putin e “amici stranieri” per la fuga del figlio.
NORDIO ORDINA L’ISPEZIONE
Quando l’imprenditore russo è stato posto ai domiciliari, il ministero della Giustizia non avrebbe chiesto, come era nei suoi poteri, un aggravamento della misura. E rispondendo ad una lettera con cui il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva evidenziato il rischio di fuga, avrebbe rassicurato che la decisione più idonea era di esclusiva spettanza della Corte d’Appello di Milano e che era stata comunque resa più sicura con l’applicazione del braccialetto elettronico. Questo si evincerebbe dalla relazione inviata al ministero dalla Corte d’Appello milanese. Sulla vicenda, infatti, il guardasigilli Carlo Nordio ha chiesto chiarimenti ai vertici degli uffici giudiziari milanesi chiarimenti di natura ispettiva. La Corte d’Appello, presieduta da Giuseppe Ondei, ha messo in fila fatti e norme applicate spiegando che Uss, secondo gli atti presentati dalla difesa, aveva «intrapreso un percorso di progressivo spostamento del centro dei propri interessi economici e familiari in Italia».
Pertanto si è ritenuto di alleggerire la misura cautelare, nonostante il parere nettamente contrario della Procura generale, che ha tramesso la sua relazione. Il pg riteneva insufficienti gli arresti domiciliari per una serie di elementi. In particolare, le disponibilità economiche dell’imprenditore russo, i suoi legami con persone all’estero e le contestazioni gravi mosse dagli Usa nel mandato d’arresto internazionale. Nel parere scritto contro i domiciliari, firmato dal sostituto pg Giulio Benedetti e dal pg Nanni, i magistrati ricordavano anche che si era già verificato circa un anno fa un caso di evasione dai domiciliari di una persona in attesa di estradizione.
La Procura generale però, dopo la decisione sui domiciliari della Corte d’Appello del 25 novembre, non ha presentato ricorso in Cassazione perché questo genere di ricorso è esperibile solo per “violazione di legge”, ossia per ragioni formali e tecniche. In questo caso invece la Corte aveva dato una diversa valutazione dei fatti, rispetto a quella dei pg. Non si poteva, perciò, impugnare il provvedimento. E l’aggravamento della misura si sarebbe potuto chiedere solo nell’ipotesi di violazione delle prescrizioni dei domiciliari da parte di Uss. Ciò non è avvenuto fino al momento dell’evasione, quando ormai era troppo tardi. Il procuratore generale di Milano, Francesca Nanni, ha peraltro chiesto alla Procura milanese informazioni sul sequestro di due cellulari e di carte di credito di Uss, avvenuto solo il 13 marzo in seguito a una rogatoria Usa arrivata qualche giorno dopo l’arresto. Gli oggetti sono stati restituiti all’indagato quando è andato ai domiciliari.
L’ANM CONTRO NORDIO
Intanto, monta lo scontro tra magistratura associata e via Arenula. Sull’ispezione disposta da Nordio, il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia non ha dubbi. «Il sistema penale che si applica anche nei casi di estradizione – dichiara all’Ansa – vuole che il carcere preventivo sia un’extrema ratio. Ci viene rimproverato di fare abusi sulla custodia cautelare, dopo di che quando capita l’incidente non si può pensare che sia colpa dei giudici. È il rischio che il sistema accetta nella misura in cui vuole evitare la diffusione del carcere preventivo» . Per Santalucia i giudici della Corte d’appello di Milano hanno dato «una giustificazione credo che la questione si chiuderà qui».
«Per dare il carcere, quando si possono concedere i domiciliari con braccialetto elettronico – spiega il numero uno dell’Associazione nazionale magistrati -, i giudici hanno un onere motivazionale molto pesante: devono spiegare perché in concreto gli arresti domiciliari non sono sufficienti. E’ un’assunzione di responsabilità che vuole il sistema». Nel caso di specie, secondo Santalucia, «la Corte ha spiegato che c’erano elementi specifici che facevano propendere per l’adeguatezza degli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico. Dopo di che noi valutiamo sempre giudizi di prognosi: si fa la prognosi , ma come in medicina, può essere fallace, come è stata in questo caso. E ad una prognosi che va male non possiamo pensare che ci sia dietro una responsabilità disciplinare». Santalucia rammenta: «Noi dobbiamo tutelare la libertà personale di chiunque, anche di un soggetto per cui è stata chiesta l’estradizione perché è un amico di Putin».
sabato, 15 Aprile 2023 - 10:18
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