La Wagner si ferma a un passo da Mosca, la rivolta che ha fatto tremare la Russia è già finita: interrogativi e dubbi sull’azione


Mosca era vicina: 200 chilometri. I riflettori del mondo erano puntati sulla marcia di Yevgeny Prigozhin e dei suoi mercenari. Tutti col fiato sospeso. Poi all’improvviso il dietrofront: la brigata Wagner, che si era ribellata al Cremlino dopo esserne stata – da ultimo – il braccio armato nell’invasione dell’Ucraina, ha deciso di fermarsi. «Per evitare un bagno di sangue russo», è stata la motivazione offerta da Prigozhin. Mosca ha risposto ufficialmente con una nota distensiva, annunciando cioè che i combattenti di Wagner non saranno perseguiti penalmente. E, pensare, che in mattinata Putin aveva annunciato: «Tutti coloro che hanno scelto la via del tradimento saranno puniti e saranno ritenuti responsabili».

Dunque la giornata che si era aperta con un carico di tensione, è giunta al termine come nulla fosse. Nel mezzo però vi sono state lunghe interminabili ore di angoscia per la possibile esplosione di una guerra civile. La tensione è salita alle stelle quando, stamattina, il capo della Wagner ha annunciato di aver catturato la città di Rostov sul Don, il più importante centro a ridosso del confine ucraino, impossessandosi senza sparare un colpo dell’aeroporto, del quartier generale militare e di quello dei servizi segreti interni, l’Fsb. La situazione si è fatta via via più drammatica con il passare delle ore, con le autorità locali che hanno cominciato a segnalare un’avanzata dei poco più di 20.000 miliziani della Wagner verso nord senza che nessuno intervenisse. Prima la provincia di Voronezh, poi quella di Lipetsk, circa 450 chilometri a sud di Mosca. Forze di polizia sono state dispiegate in punti nevralgici della città, mentre video diffusi sui canali Telegram mostravano mezzi blindati all’entrata nella capitale dalla direzione sud. Il sindaco Serghei Sobyanin ha invitato la popolazione a limitare gli spostamenti e ha annunciato che lunedì sarà una giornata non lavorativa. Il ministero degli Esteri russo ha invece rivolto un monito ai Paesi occidentali perché non approfittino della crisi per “raggiungere i loro scopi russofobi” e ha ribadito che l’operazione in Ucraina continua e che “tutti gli obiettivi saranno raggiunti”. In serata, quando ormai la capitale sembrava nel mirino, il colpo di scena.

Cosa è accaduto? Difficile a dirsi. Qualcuno ha provato a dare una lettura ufficiale. Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko si è intestato un negoziato «durato tutto il giorno e in accordo con Putin» durante il quale al capo di Wagner sarebbero state fornite “garanzie assolutamente vantaggiose e accettabili” in cambio del ritiro dei suoi uomini. Sui social network e sui media russi e ucraini circolano voci non confermate secondo cui nel negoziato per fermare la marcia dei Wagner verso Mosca sarebbero state concordate “modifiche” alla leadership del ministero della Difesa russo, compresa la sostituzione all’attuale ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e del capo di stato maggiore dell’esercito, Valery Gerasimov.

Sullo sfondo restano numerosi interrogativi. Prigozhin ha agito da solo oppure no? In molti ritengono che quella della Wagner non sia stata un’opera individuale. Quindi viene da chiedersi: di chi è stato la pedina Prigozhin, chi sono i personaggi influenti che lo hanno spinto ad agire contro Putin? Si tratta di personaggi esterni alla Russia o interni alla Russia stessa ormai stanchi delle posizioni di Putin sul conflitto in Ucraina?
E solleva più di un interrogativo. E’ l’opera individuale di un personaggio che si è montato la testa fino a perdere il senso della realtà o l’azione di qualcuno che ha alle spalle poteri superiori? Se si scarta la prima ipotesi, quella dell’impresa suicida di un pazzo, resta la possibilità che Prigozhin si sia mosso con l’appoggio di personaggi influenti, e a questo punto si aprono altri due scenari alternativi: il capo della Wagner è utilizzato da qualcuno ad alto livello – magari un gruppo di oligarchi scontenti dell’andamento del conflitto in Ucraina – per eliminare il presidente Vladimir Putin? La teoria dell’azione individuale di Prigozhin, che potrebbe portare a un rovesciamento di Putin, è invece sposata dall’Ucraina e da esponenti russi dell’opposizione al Cremlino. «La debolezza della Russia è evidente, è debolezza su vasta scala», ha esultato Volodymyr Zelensky.

Con Prigozhin si è schierato apertamente anche Denis ‘White rex’ Nikitin, capo del Corpo dei volontari russi, organizzazione armata russa che combatte con le forze ucraine e ha rivendicato nei mesi scorsi incursioni in territorio russo. «Io faccio sinceramente il tifo per la missione di Prigozhin perché già da tempo ho detto che il regime sanguinario del Cremlino può essere abbattuto solo in un modo, solo con una sommossa armata», aveva affermato Nikitin. Della stessa opinione Mikhail Khodorkovsky, l’oligarca russo schieratosi contro Putin che ha trascorso 10 anni in carcere e ora vive a Londra.

sabato, 24 Giugno 2023 - 22:58
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