Giustizia, ok del Cdm: intercettazioni estese ad altri reati, Nordio ‘si giustifica’. C’è la banca dati: «Accolto richieste Dda»

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Altro che stretta sulle intercettazioni. Mentre il ministro Carlo Nordio promette (e non mantiene), Giorgia Meloni va in direzione opposta rispetto alle strette annunciate dal suo Guardasigilli. In serata il Consiglio dei ministri ha approvato il ‘decreto Omnibus giustizia’, con il quale si sono introdotte delle novità sul terreno sempre delicato delle intercettazioni : il loro utilizzo è stato esteso, creato un archivio centralizzato dove conservarle.

Nello specifico l’utilizzo delle intercettazioni viene esplicitamente esteso alle indagini per reati, tentati o consumati, legati al traffico illecito di rifiuti, alle fattispecie aggravate dal metodo mafioso, ai sequestri di persona con finalità estorsive e al terrorismo. In questo modo l’esecutivo è corso ai ripari dopo che la sentenza 34895 della Cassazione nel 2022 aveva rischiato «effetti dirompenti su processi in corso per reati gravissimi», aveva sottolineato la premier Meloni. Senza l’interpretazione autentica messa in campo adesso dall’esecutivo si rischiava la inutilizzabilità delle intercettazioni disposte sulla base della giurisprudenza antecedente il verdetto 34895, la quale consentiva l’utilizzo degli strumenti previsti per la lotta alla criminalità organizzata anche in assenza della contestazione del reato associativo. Ironia della sorte, è toccato proprio a Nordio – in conferenza stampa – illustrare i contenuti del provvedimento. E il Guardasigilli, in un passaggio, è parso quasi giustificarsi: «Ho detto fin dal primo giorno che sono contrario alle intercettazioni a strascico e alle diffusioni pilotate che vulnerano la dignità delle persone, mai contrario alla intercettazioni come mezzo di prova per i reati più gravi».

Con il decreto viene istituita anche una sorta di archivio centralizzato delle captazioni: si tratta di “infrastrutture digitali interdistrettuali” dove verranno custoditi gli ascolti disposti dai singoli pubblici ministeri. Così si è data risposta anche alle criticità, lamentate da molti uffici giudiziari, nella gestione dei dati e dovute alla scarsità degli strumenti tecnologici. L’organizzazione e sorveglianza sull’attività di ascolto resterà nelle mani dei procuratori capo – «fermi il segreto investigativo e le garanzie di riservatezza e sicurezza dei dati» – mentre il Ministero della giustizia assicura l’allestimento e la manutenzione delle infrastrutture, «con esclusione dell’accesso ai dati in chiaro». Per realizzare l’archivio ci sono 43 milioni di euro per il 2023 e 50 milioni per il biennio 2024-2025. Dalla data di entrata in vigore del decreto, viene autorizzata «la migrazione dei dati dalle singole procure», tempi e modi saranno definiti con successivo decreto del ministro della giustizia.

Sulla creazione dell’archivio centralizzato, Nordio – in conferenza stampa – ha sottolineato che il provvedimento è stato adottato «su richiesta delle procure e particolarmnete della Direzione Nazionale Antimafia per garantire la sicureza e la incertezza dei dati delle intercettazioni che oggi vengono gestite da 134 procure delle repubblica, che resteranno sovrane nell’accesso ai dati ai quali ovviamente il ministero rimane estraneo, ma la gestione dei server viene accentrata in 4 sedi per garantire l’integrita e la segretezza di queste delicatissime strutture che sono colme di dati sensibili». E ancora: «Abbiamo accolto una pressante richiesta della Direzione nazionale antimafia. Mi preme assicurare che la gestione e la manutenzione da parte del ministero della Giustizia di questi server non comporta l’accesso da parte del ministro a questi dati sensibli che sono i contenuti delle intercettazioni».

lunedì, 7 Agosto 2023 - 22:07
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