I parlamentari salernitani di Fratelli d’Italia Antonio Iannone e Imma Vietri vanno subito l’attacco annunciando di voler scomodare il ministro della Salute Orazio Schillaci, ma si ritrovano senza seguito. Anzi, dal fronte alleato Fulvio Martusciello di Forza Italia tira il freno a mano e avverte: «La vicenda di Enrico Coscioni non ha nulla a che fare con la politica, per questo non ne facciamo una battaglia politica». Enrico Coscioni, già consigliere politico per la Sanità del presidente della Regione Campania, è finito sotto inchiesta per via di un’operazione chirurgica risalente a tre anni fa. Direttore del dipartimento di Cardiochirugia dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno, Enrico Coscioni, è stato raggiunto da una misura interdettiva della professione medica per dodici mesi emessa dal gip del Tribunale salernitano. Misura interdittiva del divieto di esercizio della professione medica anche per altri quattro componenti dell’equipe chirurgica, composta dai sanitari Gerardo Del Negro (nove mesi), Pietro Toigo (nove mesi), Francesco Pirozzi (sei mesi) e Aniello Puca (sei mesi).
Il giudice ha respinto la richiesta di misura interdittiva della sospensione di Coscioni dall’esercizio del pubblico ufficio ricoperto quale presidente dell’Agenas, ente pubblico non economico di rilievo nazionale e organo tecnico scientifico del Servizio sanitario nazionale: contro questa decisione, la Procura salernitana, guidata da Giuseppe Borrelli, si riserva di proporre appello.
Al centro dell’inchiesta c’è un intervento per la “sostituzione ortica valvolare” risalente al 20 dicembre del 2021: il paziente era Umberto Maddolo di 62 anni, che però morì poco dopo. La procura contesta più profili di colpe. Anzitutto viene potizzata la sussistenza di criticità relativamente alle modalità di preparazione dell’intervento; sulle scelte operate durante l’esecuzione; in relazione all’abbandono di un lembo di garza (lungo 8 centimetri) trovato nel corpo del paziente e, infine, sulle modalità adottate dai medici in relazione a quest’ultimo aspetto. L’equipe non si sarebbe preoccupata di cercare la garza smarrita e, anzi, avrebbe disposto accertamenti definiti «inefficaci e gravemente stressanti per il paziente». Sarebbero state riscontrate anche violazioni delle linee guida che prevedono la convocazione del cosiddetto “Heart Team” a cui è delegata la previsione delle complicanze e il conseguente orientamento dei trattamenti.
A parere degli inquirenti, inoltre, l’intervento chirurgico si sarebbe dovuto sospendere dopo il riscontro di una estesa calcificazione dell’aorta. La prosecuzione e il completamento dell’operazione, per i pm, testimonierebbero una sottovalutazione dei rischi: gli indagati è la contestazione hanno agito «ignorando o sottovalutando i rischi connessi alla necessità di manipolare significativamente un cuore provato da un infarto recente e già gravato da una significativa disfunzione».
A ciò si aggiunge che era stato dimenticato dall’equipe un lembo di garza di 8 centimetri nel ventricolo sinistro, «così lasciandolo migrare alla ripartenza dell’attività cardiaca e, dunque, alla ripresa del flusso ematico nell’aorta e, senza soluzione di continuità, nella biforcazione aorto-iliaca ove veniva effettivamente rinvenuto in sede autoptica». Per gli inquirenti, gli accertamenti necessari e possibili per un immediato rinvenimento del lembo di garza smarrito non solo non sarebbero stati compiuti, ma sarebbero stati sostituiti da accertamenti «inefficaci e gravemente stressanti» per il paziente con «licenziamento dello stesso dalla sala operatoria nonostante il mancato colposo rinvenimento ed estrazione del lembo di garza e con collocamento in sala di rianimazione ove avveniva l’exitus». Per la fase post-operatoria, è stato individuato un ulteriore profilo di colpa per negligenza «costituito dall’abbandono del lembo di garza in situ e dall’autorizzazione all’uscita del paziente nonostante potessero essere svolti ulteriori e più efficaci esami, senza compiere tali ulteriori accertamenti necessari al rinvenimento della garza e senza una corretta gestione delle consegne ai colleghi della rianimazione ai quali non sarebbe stato rappresentato l’evento avverso verificatosi in sala operatoria non consentendosi un’adeguata valutazione sulle condizioni del paziente impedendo di fatto qualsiasi intervento».
A Coscioni, nell’ordinanza cautelare viene contestato anche il falso ideologico aggravato, perché non vi sarebbe traccia nella documentazione sanitaria redatta dal primario della effettiva scansione temporale verificatasi in sala operatoria dalle ore 16, corrispondente al mancato colposo rinvenimento della garza, alle ore 24 circa quando il Maddolo è arrivato in rianimazione. Coscioni si è detto «sorpreso ed amareggiato del provvedimento interdittivo». «Attendo di avere copia dell’incartamento processuale per comprendere appieno la vicenda, dopodiché mi presenterò nel più breve tempo possibile al gip per fornire tutti gli elementi a mia discolpa – ha dichiarato -. Rimango fiducioso nella magistratura essendo convinto di poter chiarire completamente la correttezza del mio operato».
La notizia dell’indagine ha fatto mobilitare i parlamentari salernitani di Fratelli d’Italia Antonio Iannnone e Imma Vietri che hanno annunciato il deposito di una interrogazione parlamentare al ministro della Salute Orazio Schillaci affinché valuti «se sussistano i presupposti per sospendere e/o rimuovere il dottore Coscioni dall’incarico di presidente dell’Agenas». Una mossa che non ha fatto proseliti, ma anzi ha spinto Fulvio Martusciello, coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, a salire in cattedra bacchettando gli alleati: «La vicenda di Enrico Coscioni non ha nulla a che fare con la politica. Il provvedimento riguarda l’attività professionale di Coscioni e per questa ragione non ne facciamo una battaglia politica». Quanto alle dimissioni da presidente dell’Agenas, per l’esponente forzista, «è una scelta che attiene alla sua sensibilità. Non conviene a nessuno lasciare l’agenzia in uno stato di incertezza».
mercoledì, 6 Marzo 2024 - 20:32
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