Riforma giustizia, c’è ok in Cdm ma entrata in vigore non è scontata: iter complesso. Calenda: «Non si farà, è solo spot»

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di Laura Nazzari

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio parla di «provvedimento epocale», il centrodestra tutto è in festa. Il sottosegretario di Stato al Mit Tullio Ferrante rivendica persino il risultato in capo a Forza Italia e al suo fondatore («È una lunga battaglia del partito che porta idealmente la firma del Presidente Berlusconi»). E la magistratura è sulle spine più che mai. Eppure il testo approvato ieri dal Consiglio dei ministri sulla riforma della giustizia (che prevede la separazione della carriere di giudici e pm, la nascita di due Csm e l’istituzione di un’Alta corte cui delegare le questioni disciplinari dei magistrati oggi in capo al Csm) non è entrato in vigore e non è detto che mai lo sarà.

L’iter per l’entrata in vigore non è tutto in discesa, questo perché la riforma va a toccare la Costituzione e la procedura è più complessa. Due le strade da percorrere: una esclusivamente parlamentare, l’altra anche referendaria. Se si passasse dal Parlamento, il testo dovrà essere approvato da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad un intervallo di almeno tre mesi. La riforma potrà dirsi approvata se nella seconda votazione entrambe le Camere approvano la legge con una maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti. Se il ddl non raggiungerà questi numeri, la legge sarà sottoposta ad un referendum popolare che – secondo gli annunci del Governo – sarà distinto dall’eventuale tornata referendaria sul premierato. La richiesta di referendum andrà fatta entro tre mesi dalla pubblicazione della legge, da parte di un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. Molto probabilmente, dunque, la riforma non sarà approvata prima del 2026. Ma per il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano «non è comunque così certo che si arrivi al referendum».

Secondo Carlo Calenda, leader di Azioen, che in Parlamento voterebbe a favore della riforma, non si arriverà proprio da nessuna parte. «La riforma della Giustizia l’abbiamo presentata identica un anno fa, prima di Meloni, erano cose nel nostro programma. La premier lo fa oggi per non farla. Quello che succederà è che andrà in coda al referendum e non verrà fatta, serve come spot elettorale – ha aggiunto -. La cosa più importante di questa riforma non è la separazione delle carriere in sé ma due Csm separati e il sorteggio, per evitare che le correnti facciano pappa e ciccia con la politica». Tradotto: Fratelli d’Italia avrebbe dato l’ok all’approvazione in Cdm per dare un contentino a Forza Italia, che ha sempre spinto su questi temi, al fine di cavalcare il risultato su questo scampolo di campagna elettorale per le Europee; poi calato il sipario sulle elezioni, calerà il sipario anche su questa riforma.

giovedì, 30 Maggio 2024 - 10:33
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