C’era un tempo in cui «sul piano del contrasto alla criminalità organizzata e alle sue nuove forme, le nostre forze dell’ordine erano le migliori, “davano le carte” in tutti i più importanti tavoli internazionali». «Oggi invece non è più così», oggi invece capita che «un Paese Ue non ci faccia partecipare ad una azione investigativa perché non garantiamo un adeguato supporto tecnologico». Nicola Gratteri, alla guida della procura della Repubblica di Napoli, lo dice con amarezza che l’Italia ha perso terreno, scivolando indietro, nella lotta alle mafie sul versante più tecnologico. E lo fa intervenendo nella sala stampa di Montecitorio alla presentazione del rapporto “Cyber organized crime – Le mafie nel cyberspace” curato dalla Fondazione Magna Grecia.
«Ho visto la costruzione di una banca on line che ha movimentato 3,6 miliardi di euro. Questo è il presente – racconta Gratteri -. Ma quale è lo stato dell’arte sul piano del contrasto? Noi siamo in difficoltà negli ultimi anni. Prima le forze di polizia straniere venivano da noi ad imparare, oggi ci chiamano per informarci che hanno ventimila nickname e file audio da controllare». Per Gratteri non vi è dubbio che la causa della perdita del “know how” che fino a «sei o sette anni fa» faceva dalle nostre forze dell’ordine “le migliori” sia da attribuire a chi «ha programmato il Paese negli ultimi dieci, quindi anni»: «Non ha avuto capacità di visione», accusa Gratteri. I guasti sono presto spiegati: «Il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, risalente al 2010 – dice il magistrato – ha colpito anche Polizia di stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria che a tutt’oggi hanno in organico migliaia di uomini in meno: ma se anche avessimo la bacchetta magica e i soldi per fare nuovi concorsi, a mancare sarebbero figure come quelle, ad esempio, degli ingegneri informatici che certo non possono accontentarsi di 1.600 euro di stipendio visto che giustamente guadagnano molto di più nel privato».
«Un ingegnere informatico nella Guardia di finanza – aggiunge – viene pagato 1.600 euro al mese. Un’azienda privata gliene offre 5-10mila. Questo è un problema». E il ritardo, purtroppo, «è anche tecnologico: olandesi, francesi e tedeschi hanno già ‘bucato’ piattaforme, noi neanche una». « A me – ricorda – è capitato che uno Stato Ue non ci ha fatto partecipare ad un’attività investigativa di altissimo livello perché l’Italia non dava alcun apporto sul piano tecnologico. Per me questo è umiliante. Tutto il resto sono chiacchiere».
venerdì, 14 Giugno 2024 - 22:46
© RIPRODUZIONE RISERVATA