Il numero dei suicidi in carcere ha toccato quota 43 vittime. Un balzo in avanti, nel drammatico bollettino che arriva dai penitenziari, avvenuto tra venerdì e sabato quando quattro persone hanno deciso di togliersi la vita. L’ultimo caso, in ordine di tempo, si p verificato in Sardegna, nel penitenziario di Sassari Bancali: un uomo si è impiccato con le lenzuola nel servizio di assistenza intensificata. Il giorno prima, venerdì 14 giugno, un detenuto di nazionalità romena di 46 anni si è suicidato, impiccandosi, a Biella: l’uomo ha utilizzato na corda rudimentale che ha legato alle inferriate della propria cella. La sera prima, nel carcere avellinese di Ariano Irpino, si è tolto la vita un napoletano di 39 anni non ancora compiuti: l’uomo era stato trasferito per motivi di ordine e sicurezza da Carinola, in provincia di Caserta, dove nei giorni scorsi aveva aggredito quattro agenti penitenziari. A Palermo un detenuto minorenne di origine magrebine ha tentato di togliersi la vita, impiccandosi in cella, nel carcere Malaspina. Solo il pronto intervento degli agenti della Polizia penitenziaria ha scongiurato il peggio.
«Numeri pazzeschi, indegni di un Paese civile», denunciano i sindacati carcerari. Secondo i numeri del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, dei 44 che si sono tolti la vita, 16 erano in attesa di giudizi. Due dei 4 suicidi del fine settimana avrebbero concluso la pena nel 2026. Sugli ultimi casi l’Autorità sta svolgendo approfondimenti assumendo informazioni per capire le modalità dei gesti. Ogni caso, sottolineano fonti del Garante, è diverso dall’altro: bisogna tenere conto della storia personale, dell’età, del residuo di pena da scontare.
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Sul piede di guerra anche i sindacati. I detenuti, lamenta il segretario del Sappe, Donato Capece , «sono vittime innocenti di un disagio individuale a cui non si riesce a fare fronte nonostante gli sforzi e l’impegno degli operatori, in primis le donne e gli uomini della polizia penitenziaria che il carcere lo vivono nelle sezioni detentive». Secondo il segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, Gennarino de Fazio, «si notano due grandi essenti, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il governo Meloni. Suicidi, omicidi, risse, aggressioni, stupri, traffici illeciti, ma cos’altro deve accadere affinché l’esecutivo prenda atto dell’emergenza in essere e vari misure consequenziali?». Al governo si rivolge anche Antigone, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri, invitandolo a ritirare il ddl sicurezza «che va verso una strada che è l’opposto di quanto servirebbe».
Dalle opposizioni, intanto, arrivano attacchi al Governo, con la richiesta di ricorrere ad amnistia ed indulto. «Da quando il nuovo Ufficio si è insediato – accusa Walter Verini, del Pd, puntando l’indice contro l’ufficio del Garante, presieduto da Maurizio D’Ettore – non risultano pubblicamente sopralluoghi e monitoraggi nelle carceri nelle quali avvengono queste tragedie. Una inerzia totale, degna del resto di un Governo che in un anno e mezzo è stato irresponsabilmente latitante e solo in questi giorni annuncia provvedimenti tutti da vedere e verificare». Per un altro dem, Filippo Sensi, «le soluzioni da mettere in campo non sono più differibili. L’indulto è una risposta? Facciamolo. La depenalizzazione? Lavoriamoci. Le misure alternative? Che aspettiamo?».
Anche Osvaldo Napoli, di Azione, cita amnistia ed indulto: «Trovo però orribile che le inadempienze dello Stato siano pagate con la vita dai carcerati». Mentre Ilaria Cucchi (Alleanza Verdi e Sinistra) parla di «situazione insostenibile nel silenzio generale. Il ddl Sicurezza proposto dalla destra non affronta minimamente il sovraffollamento anzi, tutta la legislazione del governo Meloni è tesa ad aggiungere reati, aggravare le pene fino al nuovo reato di rivolta penitenziaria. Il contrario di quello che serve».
lunedì, 17 Giugno 2024 - 08:59
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