Pescara, Thomas massacrato con 25 coltellate da due 16enni. Teste chiave: «Mentre moriva gli dicevano di stare zitto»

di mg

Se ne sono andati al mare, come nulla fosse accaduto. Se ne sono andati al mare, a ridere, a scherzare, senza avere alcun peso sul cuore. Senza un rimorso. C’è una foto agli atti del decreto di fermo della procura per i minorenni dell’Aquila che fa venire i brividi: è la foto estrapolata dal telefono cellulare di uno dei due sedicenni accusati di avere ucciso a sangue freddo, e con accanimento, il 16enne di Rosciano Christopher Thomas Luciani. Una foto che racconta un orrore dell’anima consumatosi in un parco nel centro di Pescara domenica 23 giugno. Un orrore che fa ancora più male perché a firmarlo sono stati due ragazzini figli di professionisti, di persone che lavorano nel mondo della Giustizia e che, ci si aspetta, abbiano trasmesso i valori della legge e del rispetto. I due minori accusati oggi della morte di Cristian sono figli di un’avvocata e l’altro di un maresciallo dei carabinieri.

La procura contesta loro di avere condotto Thomas in un parco e di essersi accaniti su di lui con 25 coltellate, «arrecando sevizie e operando con crudeltà, mediante calci e sputi mentre era riverso sul terreno esanime», si legge nelle sedici pagine di decreto di fermo. «Ciò che emerge – si legge ancora – è l’assenza di empatia emotiva con un fatto di tale inaudita efferatezza, tale da inveire sul cadavere, recandosi presso lo stabilimento balneare per fare il bagno al mare, senza chiamare soccorsi o denunciare il fatto alle autorità, anzi chiacchierare con macabra ironia sul fatto appena avvenuto».

Il movente sarebbe un piccolo debito di droga che da tempo la vittima aveva con uno dei 2 fermati, il figlio dell’avvocatessa: Thomas gli doveva 240 euro. E proprio il creditore avrebbe rivendicato “rispetto”, mentre l’amico (figlio del maresciallo dei carabinieri) che neanche conosceva Thomas si sarebbe fatto trascinare solo perché amico di chi reclamava “vendetta”. Contro di loro c’è la testimonianza di un testimone chiave, un altro ragazzino che era in compagnia degli aggressori e che ha assistito al delitto. «Io non ho reagito in alcun modo – ha rivelato il ragazzo, figlio di un altro carabiniere (tenente colonnello) -. Christopher faceva dei versi quasi di morte e loro gli dicevano di stare zitto. Lui era a terra, con una gamba accavallata all’altra, ripiegato per terra, esposto ai colpi sul fianco destro (…). Ero allibito, volevo fermarli, ma non sapevo come fare. Sembrava che non ci stessero più con la testa». E ancora: «Io ero davvero frastornato ed ho capito che non era qualcosa che potessi tenere per me e quindi ne ho parlato». Il giovane si è confidato, infatti, coi genitori una volta tornato a casa (dopo essere stato al mare) e suo padre, carabiniere, ha immediatamente lanciando l’allarme. Durante l’interrogatorio il giovane ha anche mostrato lo scambio di messaggi con un altro ragazzo del gruppo, in cui «si parla della necessità di denunciare l’accaduto».

Si cerca ancora l’arma del delitto, un coltello a seghetto, ha indicato l’anatomopatologo, probabilmente un coltello da sub. Dopo l’omicidio il coltello sarebbe finito “dietro agli scogli”, ha spiegato il giovane testimone.

Disperata la nonna di Thomas. Madre brasiliana con trascorsi di tossicodipendenza, Thomas Luciani non ha mai conosciuto il padre. Viveva con la nonna, Olga, da quando aveva tre anni e mezzo. Arrestato per furto lo scorso anno, Thomas è stato affidato a una comunità rieducativa del Molise per la messa in prova e da lì è scappato, come a ottobre scorso, per raggiungere di nuovo Pescara. Alla famiglia di Thomas si è rivolto il fratello maggiore di uno dei due arrestati: «Ho pianto per Thomas, a me e alla mia famiglia dispiace innanzitutto per lui, perché non c’è più. Da domenica sto vivendo l’inferno. Mio fratello è accusato di questo massacro e se ha sbagliato dovrà pagare – ha detto il giovane al Tg1 -. Vogliamo chiedere scusa alla famiglia, gli staremo vicini – ha detto – Ora devo fare i conti con la ferocia e l’indifferenza di cui parlano le indagini. Non chiediamo sconti, crediamo nella giustizia». E sul fratello accusato del delitto, ha detto: «Gli vorrò sempre bene, però paghi il giusto per quello che ha fatto. Se dovesse esser provata la sua responsabilità, ha bisogno di fare quegli anni negli istituti dove può essere aiutato».

mercoledì, 26 Giugno 2024 - 10:35
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